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Incuria e negligenze per i tesori artistici

Notre-Dame non è in Italia

Quando il 6 novembre del 2010 a Pompei è crollato rovinosamente il muro della Schola Armaturarum, nota come la casa dei Gladiatori, tutti noi italiani ci siamo sentiti defraudati e vergognosi per non saper custodire un tesoro così unico. Come era possibile che un sito che vede milioni di visitatori paganti all'anno non sia monitorato e protetto in modo efficace? Che figura ci facciamo con il resto del mondo se non riusciamo a garantire la fruizione di questo spaccato di vita drammaticamente congelato dalle forze della natura ormai quasi duemila anni fa? Dai dati ufficiali dopo il Colosseo è proprio Pompei il sito archeologico italiano più visitato. Non meriterebbe una manutenzione tale da prevenire perdite inestimabili delle sue parti, così fragili e così preziose per la storia di tutto il genere umano?

In quella occasione ci siamo dati addosso come non mai sempre con gli stessi luoghi comuni del tipo: "all'estero queste cose non accadono", "hanno due cose messe in croce e le valorizzano e fanno pagare, noi invece...", "con tutti i soldi che frutta chissà quali interessi va ad ingrassare anziché servire a salvaguardarlo", ecc. In tanti ci siamo chiesti se fosse meglio evitare ulteriori scavi e scoperte se questo era poi il modo di custodire un tale patrimonio storico. Non ricordo gli articoli stranieri, sicuramente non indulgenti, eravamo troppo impegnati nell'autoflagellazione. 

Poi lunedì scorso Notre-Dame de Paris ha preso fuoco riempiendo video e smartphone di drammatiche immagini in diretta. Scoperto quasi subito che si trattava di un incendio originato in un cantiere di restauro, i parallelismi con altre vicende italiane sono stati presto fatti. Come non citare la Cappella della Sacra Sindone a Torino (11-12 aprile 1997), il teatro La Fenice a Venezia (29 gennaio 1996) e la più recente Sacra di San Michele (24 gennaio 2018) millenaria abbazia benedettina in Piemonte, tutte strutture in via di restauro al momento del fatto e da questi cantieri, per cause diverse, hanno avuto origine le fiamme. Il dito puntato sulla negligenza e risparmi sui costi a danno della sicurezza di queste strutture, così fragili, preziose, uniche, trattate come una qualsiasi palazzina popolare di scarso valore.

Storie tipiche italiane? Ahimé no! Notre-Dame, iconico edificio non solo della cristianità ma dell'intera nazione francese, non ha avuto un trattamento migliore. La cattedrale non era nuova a questo genere di tristi eventi e se non fosse stato per Victor Hugo, che l'aveva eletta come magnifico sfondo per il celeberrimo romanzo, probabilmente sarebbe giunta ai nostri tempi ancora più malconcia. Tuttavia essendo nelle mani dello Stato, in Francia funziona così, avendo un numero di visitatori l'anno davvero ragguardevole, secondo solo alla basilica di San Pietro in Roma, e ... non essendo in Italia, ci saremmo aspettati una ben altra cura da parte dei cugini d'oltralpe. Da noi sembra sempre che superate le Alpi il livello di civiltà e cura del bene pubblico sia al massimo, soprattutto se si tratta di simboli rappresentativi dell'intera nazione. Subiamo in silenzio le critiche estere sul degrado della nostra capitale che ci sembra di meritare in pieno, non solo per l'effettiva realtà, ma soprattutto perché ci paragoniamo ad una ipotetica efficenza della macchina pubblica straniera.

E poi, poi cosa vai a scoprire? Primo la splendida cattedrale versava da tempo in un grave stato di degrado ed abbandono delle sue strutture. I continui rimandi per urgenti interventi proprio sull'intreccio di elementi lignei della preziosa ottocentesca copertura, detta la foresta, rischiavano di arrivare dopo paventati crolli. La gran mole di denaro derivante dai biglietti staccati per le visite di folle oceaniche chissà dove venivano dirottati, visto che era proprio la mancanza di soldi a ritardare l'intervento. Quando finalmente ci si è decisi ad intervenire proprio su quella guglia che rischiava di rovinare al suolo, probabilmente il braccino corto dell'amministrazione ha fatto sì che si optasse per scelte non a vantaggio della sicurezza. Non ci vuole una laurea specifica in strutture lignee per capire che dopo quasi due secoli quel legno fosse abbondantemente stagionato e a forte rischio d'incendio. A ben guardare ci sembrerebbero situazioni che vediamo e critichiamo nella nostra italica penisola e soprattutto nessuno di noi si sarebbe aspettato di sentire che l'intero edificio non risultasse coperto da nessun tipo di assicurazione.  Ad essere onesti era facile da immaginare, se non si trovavano fondi per il restauro figuriamoci per pagare una assicurazione che sicuramente non sarebbe stata di poche migliaia di euro.

Ora sono state aperte sottoscrizioni, fatte leggi di sgravio e dichiarazioni di ricostruzione in breve, ma che delusione vedere che la tanto sbandierata grandeur non prevedeva spazio per un simbolo così ricco di significato per l'intera nazione insieme con la torre Eifell. Forse il fatto che si tratta di un edificio in pietra anziché di ferro faceva presumere che la si potesse spremere come una mucca senza accudirla e rispettarla. I miti crollano anche se non è consolatorio pensare a come rovinosamente è stato confutato quello che asserisce "all'estero non è così". Purtroppo non è solo la nostra nazione a sbagliare ma semplicemente gli essere umani sono così inclini a sfruttare i preziosi doni lasciati dai nostri avi senza riguardo e senza rispetto in qualunque Stato si trovino.


Amanda Decori pubblicato il 18.04.2019 [ Attualità ]


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