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Uno scritto a caso

Recensione: La tentazione di essere felici
[recensione]
Edith
08.06.2020

Ho ancora due grandi amori...Mio padre e Settembre!

Ciao papà (Tracce di vita passata, graffi nel tempo, solchi di te e di me.)

Inizio con il dirvi che sono nata in Settembre, un periodo dell'anno che da sempre considero di mia proprietà.

Tanti anni fa, con Settembre iniziava il nuovo anno scolastico; nuove amicizie, nuovi professori, e un'altra pedina da sistemare sulla scacchiera della mia vita. Inoltre con Settembre arrivava la data più importante per me, il 16, il giorno del mio compleanno e quello di mio padre.
Ebbene si! Siamo nati tutti e due il 16 Settembre, naturalmente in anni diversi, ma quella coincidenza è sempre stata il mio maggior orgoglio.

In quegli anni, per la verità un po' difficili a causa della guerra e delle ristrettezze, i regali erano sempre gli stessi: diario, astuccio, quaderni per la scuola, e tanti dolci.
Quei dolci erano la mia passione, non erano dolci comprati in negozio, erano preparati in casa.
Allora m'inebriava il profumo che in quei giorni riempiva le stanze della nostra grande casa, quando la nonna e la mamma si mettevano in cucina a pasticciare.

Un altro profumo che in quei giorni mi faceva sognare, era quello della carta nuova dei libri appena stampati, delle gomme per cancellare, l'essenza del legno delle matite quanto le temperavo con il tempera-lapis.
Ricordo che in quegli anni (per la disperazione di mia madre) le mie matite avevano davvero vita molto breve.
 
(Molti anni più tardi c'è stato un periodo, purtroppo molto breve…prima che mia figlia salisse in cielo, che osservandola temperare le matite, quel profumo riusciva ancora a farmi pizzicare gli occhi d'emozione.)

Quanta nostalgia nel ricordo delle amiche e degli amici d'infanzia, quando ci si riuniva a ballare nella grande cucina.
Le musiche della radio erano la nostra colonna sonora. A volte si faceva girare qualche vecchio disco di Cole Porter, disco di cui la nonna era gelosissima.
Per me è il ricordo di anni d'oro, anni spensierati e colmi di nostalgiche memorie.

Ricordo che a undici anni avevo già idee molte precise e sebbene la prima mestruazione fosse ormai vicina, se me lo avessero chiesto avrei ammesso, senza neppure arrossire, che credevo alla Befana.

Per la nostra terra Settembre è da sempre il mese della vendemmia, e in quel periodo papà assumeva qualche lavorante in più.
In quei giorni ci si alzava quando l'alba non aveva ancora macchiato il cielo.
Alle tre del mattino noi ragazze si saltava sul retro di qualche carro per andare nei vigneti per partecipare a quell'avventura che si rinnovava ogni anno, e non appena il primo sole dissolveva l'umidità della notte, attratte da quella improvvisa silenziosità, correvamo a vedere gli adulti, fino ad allora ombre in movimento nel buio, raccogliersi per la preghiera sui campi.

Il nostro gioco preferito era percorrere il perimetro dei vigneti rincorrendoci fra rugiada, terra rossa, urla e risate.
 
Quando eravamo stanche di correre, si partiva all'esplorazione delle masserie abbandonate, che sebbene le conoscessimo come le nostre tasche, restavano pur sempre avventure meravigliose in compagnia di elfi, fate e streghe...
A volte, noi ragazze, ci si sedeva a guardare, naso en haut (all'insù) - usavano spesso quei vocaboli in francese per esercitarci nella nuova lingua che stavamo imparando a fatica, almeno per me, a causa della enormi difficoltà grammaticali - le prodezze sciocche dei ragazzi, pronte però a difendere i loro alibi se mai gli adulti avessero intuito cosa combinavano.

Stavo bene con i miei amici di allora, sia maschi che femmine, ma non appena sentivo fortissimo il richiamo della presenza di mio padre, lasciavo la compagnia con una scusa qualsiasi e mi accodavo alla sua squadra, scoprendo così la fatica sul suo volto e su quello dei suoi lavoranti.
Naturalmente non dovevo farmi notare, lui, mio padre, non voleva avermi tra i piedi perché ero una femmina, ed io, a quella battutaccia, ci soffrivo maledettamente. In quei momenti avrei voluto essere un maschio per affiancarlo, quando sollevava tini colmi di grappoli.

Mia madre e mia nonna non si risparmiavano, al pari delle altre donne, avevano le mani gonfie, viola di mosto e gli occhi stanchi per le ore di lavoro.
Ogni tanto mia nonna offriva formaggio, vino e fette di pane condite con i pomodori rossi, saporiti e pieni di semi.
Ungeva le fette con l'olio buono, il sale e invitava tutti gli uomini a mangiare.
Dopo gli uomini, toccava a noi ragazzi addentare il pane e leccarci labbra e dita per prolungarne i sapori, poi era il turno delle donne, che badavano a rimettere tutto a posto prima di riprendere il lavoro.

(Quella benedetta differenza maschio/femmina ha sempre condizionato la mia vita in quella casa. Lo studio era riservato a mio fratello, e fu una vera lotta riuscire a raggiungere la licenza liceale, ma quando chiesi, dopo aver conseguito la licenza, di potermi trasferire a Roma in casa di mia zia per proseguire negli studi, ebbi con mio padre scontri violentissimi)

Quelle erano per noi lunghissime giornate di gioco, e sebbene tanti anni fa Settembre fosse ancora un mese caldo, l'umidità del mattino e quella serale della campagna, costringeva le nostre mamme ad infagottarci con panni e stivaloni di gomma, che tuttavia durante la giornata ci toglievamo, non viste, per essere più libere di giocare, ma mai eravamo ammesse ai chiacchierii della ragazze più grandi che discutevano di ragazzi e di vestiti alla moda.

Poi anch’io crebbi e parlai di vestiti e di ragazzi, ma sebbene il mio viscerale amore per quella terra fosse diventato irrinunciabile, negli anni che seguirono fui costretta ad allontanarmene.

Oggi posso confessarvi il mio amore segreto; non ho mai smesso di aspettare Settembre, soprattutto per tornare in quella casa e a quei profumi, ormai patrimonio del mio DNA.

Improvvisamente, avevo tredici anni, papà si ammalò e la calura dell'estate per lui divenne una prova durissima.
Desideravo il fresco della notte perchè lui trovasse sollievo.
Soffrivo nel leggere in quei suoi occhi il desiderio di unirsi agli altri e per quella forzata sospensione della vita. Passavo le mie ore di studio nel silenzio di una grande stanza al piano terra, un luogo fresco dove mio padre rimaneva durante il giorno seduto e in silenzio sulla sua poltrona.

In un angolo riponevo i giornali che a volte gli leggevo, pregando che il tempo si fermasse e non me lo portasse via, ma che ci portasse diritti a Settembre, gridando a tutti che la smettessero di pensare al mare e a divertirsi, perché soltanto così papà sarebbe stato meglio, quando le porte si sarebbero chiuse per l'aria più fresca e la mamma avrebbe ripreso a preparare le zuppe di legumi...

È trascorso molto tempo da allora, ma io non ho mai smesso di tornare tutti gli anni in quella casa, e sebbene oggi molte cose siano cambiate, il rapporto con mio padre è rimasto come sospeso a tanti anni fa.
Lo amo ancora moltissimo sebbene i nostri caratteracci hanno condizionato il nostro rapporto.
 
La mamma è sempre li, attiva e pronta a tamponare falle. Ora è mio fratello a mandare avanti la barca.

Papà non sta bene, ha perso completamente la vista, non parla più...e sembra aver rinunziato a vivere.
Ieri il medico ci ha detto che se non cambia atteggiamento non ce la farà… ed io ho dentro un senso di colpa che mi distrugge.
 

Eri tu a dirmi sempre
che sbagliavo,
mentre io non capivo
la freddezza dei tuoi occhi.
Tu sei mio padre,
una montagna,
un’immagine difficile da imitare,
una vetta troppo alta da scalare.
Tu sei ancora l’urlo
in fondo ai miei pensieri,
io non sono nulla.

Eppure,
se tu avessi provato
una sola volta
a guardare nei miei occhi,
o avessi stretto le mie mani,
questa vita
non ci avrebbe calpestati.
Se mi avessi
mostrato un tuo sorriso,
questo cielo così grande
si sarebbe illuminato.

Quanto tempo perso pà,
per capire
quanto poco tempo abbiamo
per morire.
Ora, accanto al fuoco
ti osservo
schiavo del silenzio
e piango
quando mi guardi
senza più vedere.

Sul volto tuo la vita,
la tua,
perché la mia
non è stata mai vissuta.
Non te ne andare pà…
restiamo ancora un po’,
cerchiamo di capire
le ragioni del silenzio
che ci ha vinti.

Ora pà, ora! Domani no.
Domani potrebbe essere troppo tardi!

 


Legend pubblicato il 24.02.2012 [Poesia]


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