Forse anche tu hai paura di guardare nel buio...
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Mi chiamo Andrea Velati, ho 29 anni e sono assolutamente sano di mente. Quello che leggerete di seguito sono le miei dichiarazioni in merito alla scomparsa del mio amico Michele Lorazza, avvenuta Sabato 15 Luglio 2006. Prego chiunque troverà questo memoriale di consegnarlo immediatamente alla polizia.
Venerdì 14 Luglio, verso le
quattro del pomeriggio, ricevetti una chiamata di Michele sul mio cellulare.
Mi pregava di andarlo a prendere perché la sua auto lo
aveva lasciato a piedi.
- Questa bastarda si è spenta all'improvviso- mi
spiegò - e non vuole più saperne di ripartire !
Ultimamente c'eravamo un po' persi di vista, era più di
un mese che non lo sentivo. Comunque rimaneva sempre uno dei miei più cari
amici, perciò non esitai e gli dissi che sarei partito non appena sbrigate
certe pratiche urgenti.
Ho qualche conoscenza di meccanica, anche se non sono
certo un esperto, e nonostante controllai e ricontrollai più volte la sua auto quel
pomeriggio, non riuscii a trovare nulla che non andasse. Semplicemente non si
accendeva.
<< E' di sicuro l'alternatore >> dissi alla
fine, poco convinto.
Chiamammo l'assistenza, che arrivò dopo le 18. Ormai le
officine erano chiuse. L'autista del carro attrezzi caricò l'auto, ci lasciò
l'indirizzo del garage e sparì .
Dissi a Michele che avrei potuto accompagnarlo io domani
mattina, tanto non dovevo andare in ufficio il Sabato. Lui annuì senza parlare.
Il mio vecchio amico era molto peggiorato dall'ultima
volta che c'eravamo visti: sembrava dimagrito, il viso pallido e scavato, gli
occhi cerchiati da profonde occhiaie e lo sguardo febbrile, come se non
dormisse da giorni. Dev'essere stato malato, pensai. Feci finta
di niente e continuai a parlargli normalmente.
Eravamo a circa un chilometro da casa sua, quando mi
chiese:
<<
E' un po' che non ci si vede, che ne pensi se stasera ci facciamo un
giretto?>>
Mi colse di sorpresa. La mia prima reazione fu di dirgli
no! Era un mese che non si faceva sentire, adesso che però aveva bisogno... inoltre
dovevo vedermi con Nicol alle nove, un appuntamento frutto del lavoro di un
mese, che non mi andava affatto di perdere.
Fu però il tono della sua voce a fermi esitare: assomigliava
più ad una supplica che ad una domanda. Gli lancia di nuovo un'occhiata: era
davvero messo male, possibile avesse cominciato a drogarsi? - No - mi dissi - non Michele
-.
Lo conoscevo da parecchi anni e non lo avevo mai visto
in quelle condizioni. Dicono che gli amici si riconoscono nel momento del
bisogno e Michele si trovava sicuramente in un momento d'estremo bisogno.
Così sospirai, abbandonando i miei pensieri sconci sulla
gattina francese, e accettai la sua proposta.
Quattro ore dopo ero sotto casa sua.
<< E' proprio una merda ! >>, mi disse,
mentre saliva sulla Mercedes con una bottiglia di Rhum in mano, piena per metà.
<< Ma renditi conto, siamo già in estate e giriamo ancora con i maglioni
! >>
In verità eravamo entrambi in camicia, ma faceva davvero
un po' freddino per una serata di metà Luglio. Aveva anche iniziato a piovere.
Quello che veramente mi preoccupava però, in quel
momento, era la bottiglia di Bacardi.
Conoscevo Michele da più dieci anni e quella era la
prima volta che lo vedevo con una bottiglia di rhum in mano!
<< Di un po', >> feci, << che cosa hai
intenzione di farci con quella? >>
<< Sono un po' giù di corda Andre, ho bisogno di
bere ! >>
<<
Non mi sembra per niente una buona idea! >>
Scossi
la testa e partii, ma prima ancora di arrivare al Pub l'avevamo già finita.
Ero sbalordito: cosa poteva indurre un uomo, che non
aveva mai bevuto più di tre birre, a scolarsi tutto quel rhum in un tragitto di
nemmeno dieci chilometri? - Una donna- pensai -, ma ero molto, molto
lontano dalla verità.
Era presto ed il locale semivuoto.
Su insistenza di Michele eravamo andati al "The King in
Yellow", un pub in stile celtico che lui adorava.
Come dicevo il locale era vuoto, ma Michele lo notò
appena. Ci sedemmo sugli alti sgabelli del bancone e ordinammo due birre
piccole. Il che mi sembrò un ottima idea all'inizio, soprattutto perché cominciavo
già a sentire pesantemente gli effetti del rhum, ma alle undici eravamo già
passati al Cuba Libre.
Mi chiesi come dovesse sentirsi lui. E' stupefacente rendersi
conto di come può cambiare una persona. Comincia a scommettere su quanto tempo
avrebbe resistito prima di correre in bagno. Ma fu proprio in quel preciso
istante che quella che era iniziata come una normalissima sbronza cambiò per
sempre la mia vita. Eravamo lì , a sorseggiare il nostro Cuba e a prendere per il
culo le ragazzine, quando improvvisamente mi sussurrò, guardandomi dritto negli
occhi:
< Non ti capita mai, tipo... di sentirti perennemente
osservato? >>
Lo guardai bene in faccia: al momento pensai che il suo
cervello avesse già rotto gli ormeggi. Ok - mi dissi - Ci siamo, il ragazzo è
partito!
<< Beh, no >>, risposi. << Ad esser
sincero non mi è mai successo.>>
<< Ah >> e tornò a guardare il bicchiere.
<< Perché a te si? >>
Lui mi fissò con un'espressione strana, quasi
spaventata.
<< A me? No no, era solo così per chiedere.
>>
Mi accorsi subito che non era a posto, di sicuro. Ma
come potevo sapere allora? Adesso tremo ogni volta che penso a quelle parole,
ma quella notte ero ancora cieco, non sapevo... .
Dopo il terzo giro comunque mi ero già scordato tutto,
ma in quel momento lui crollò. Non ho altre parole per definire quel che
accadde, fu un tracollo completo, fisico e mentale.
<<
Io non ce la faccio più Andre, devo dirlo a qualcuno o divento pazzo, se non lo
sono già! >>
<<Dire...
cosa ?>> chiesi, strascicando le parole. Il suo tono mi aveva leggermente
allarmato.
<<
Io... sono sicuro che tu penserai che sia pazzo adesso, ma io li vedo, capisci? IO
LI VEDO! >>
Mi
guardava con due occhi spiritati, proprio da pazzo! Ma c'era dell'altro,
qualcos'altro...
<<
Che cosa vedi Michi? >>, gli chiesi allora.
<<
...loro sembrano persone, esseri alti e magri vestiti di nero, con le facce
bianche, pelati e bianchi...bianchissimi. E le labbra, labbra rosse, come se
avessero appena bevuto del sangue. Ma sono gli occhi Andre, quelli che mi fanno
star male... tu dovresti vedere i loro occhi! Sono neri, come la pece: nessuna
pupilla, nessuna iride, niente di niente, solo due enormi pozzi scuri. Vengono
di notte, me li trovo dovunque mi giro, negli angoli delle strade, sulle scale
del mio condominio, perfino alle finestre del mio appartamento, ed io abito al
terzo piano! Ho paura Andre, ho paura di guardare... nel buio. >>
Sudava
copiosamente mentre parlava ed un tremolio incontrollato gli squassava il
corpo. Alla vista di una simile reazione emotiva non pensai neppure per un
attimo che stesse mentendo. Ci credeva in quello che mi stava dicendo, eccome!
Ero
gelato dallo shock: stringevo convulsamente il bicchiere mentre lo fissavo a
bocca aperta.
<<
Ma... >>, continuò dopo un sorso, << la cosa più terribile, a parte
il loro aspetto, è che mi fissano. Mi fissano intensamente per qualche secondo
con i loro occhi neri e poi scompaiono. Non parlano, non si muovono, mi fissano
e basta. Ora riesco anche a sentire i loro pensieri sai? Vogliono che vada con
loro, sono venuti a prendermi, capisci? Mi porteranno via, lo so... via per
sempre. Ho il terrore di spegnere la luce... il buio... o Dio!>> si abbandonò
con la testa sul bancone, in una serie di singhiozzi disperati.
Per
un minuto buono rimasi semplicemente a guardarlo. Non sapevo cosa dire, non
c'erano parole. Naturalmente allora pensai sul serio che avesse perso il senno,
non vedevo altra soluzione.
Osservai
di soppiatto il barista, ma quello non ci degnava nemmeno di uno sguardo; probabilmente
era abituato a simili scenate.
Si
è fottuto completamente il cervello - pensai
- qualche acido magari..., ma la verità era che non riuscivo a dimenticare
il suo sguardo. Avevo finalmente capito cosa c'era nei suoi occhi oltre alla
scintilla della follia. C'era terrore. Terrore allo stato puro! Una paura
talmente vasta ed incommensurabile, da ridurre un giovane e brillante ingegnere
in quello stato pietoso.
Con
molta fatica ritrovai la voce:
<<
Da quanto tempo è che va avanti questa storia ? >>
<<
E' quasi un mese >> la voce gli uscì più tranquilla e si rimise diritto
sulla sedia. Sembrò essersi leggermente ripreso.
<<
Devi farti vedere Michele, credimi... >>
<<
No, scusa è colpa mia, non avrei mai dovuto...>>
<<
Hai fatto benissimo invece. Anzi, avresti dovuto parlarmene prima. Adesso ti
dico io quello che faremo: domani mattina ti passo a prendere e andiamo insieme
da uno specialista. Conosco un buon analista che di sicuro ti aiuterà... >>
mi sentivo un bastardo a parlargli così ; era esattamente l'opposto di quello
che aveva bisogno. Non sapevo che altro fare però. Parve capirlo, perché annuì
a tutto il mio buon senso ed alla fine, cosa incredibile, mi chiese di portarlo
a ballare. Non avevo nessuna voglia di ballare, non dopo quello che era
successo, ma non me la sentivo di rifiutare. Forse sfogarsi un po' gli avrebbe
fatto bene ed evitato le sue tremende allucinazioni.
Ora so quanto mi sbagliavo.
Saltammo in macchina e, forse per scaricare la tensione
accumulata o perché ero ubriaco o, più semplicemente, perché sono un idiota, mi
dedicai anima e corpo nella guida. Rischiammo di ribaltarci un paio di volte
sull'asfalto bagnato, ma arrivai all'incrocio dell'ospedale a velocità
considerevole, tenuto conto delle condizioni atmosferiche. Il semaforo era
verde. Stavo giusto per immettermi in curva, in seconda piena, quando un urlo
terrificante esplose alla mia destra e mi fece perdere il controllo. Roba di un
secondo, ma più che sufficiente! La
Mercedes cominciò a pattinare sul fondo bagnato come se fosse
su una lastra di ghiaccio, finendo, dopo una serie di paurosi testacoda, sul
marciapiede dall'altro lato della strada. Miracolosamente non passavano altre
auto, altrimenti non so proprio che fine avremmo fatto.
<< Pazzo deficiente! >>, gli urlai allora in
faccia. << Sei così andato da farci ammazzare tutti e due? >>
Accostai la macchina e scesi, troppo scombussolato per
ragionare. Era stato un urlo infernale, che esprimeva una paura terribile.
Rimasi per un po' sotto la pioggia battente. L'SLK non aveva riportato danni. Costatato
ciò, mi sentii un po' meglio e rientrai.
Michele aveva gli occhi sbarrati e vitrei, era sbiancato
come un morto e un filo di bava gli colava dalla bocca.
In quel momento mi spaventai moltissimo.
<< Ehi Michi, va tutto bene, che è successo?
>> Lo scossi per una spalla.
Lui annuì , senza rispondere. Eravamo proprio sotto
l'ospedale. Sarebbe bastato un attimo per portarlo al pronto soccorso.
<< L'ho visto Andre, era là, in piedi sotto il
semaforo e... ci fissava ! >>
<< Senti io...>>
<< Portami a casa >>
<< A casa, si. >>
E così lo riportai a casa, in un timoroso silenzio,
accompagnandolo fino alla porta del suo appartamento.
<< Niente incubi stanotte, ok ? >> Gli dissi,
cercando di apparire un po' allegro.
<< Niente incubi... >>
Per un istante, solo un istante, fui tentato di entrare anch'io
e rimanere con lui. Ma non lo feci e lui non me lo chiese. Chiuse semplicemente
la porta davanti al mio sguardo preoccupato.
<< Passo domani mattina a vedere come stai, ok ?
Andiamo a fare colazione... >> gli sussurrai attraverso l'uscio.
<< Certo. >>
Quella fu l'ultima volta che lo vidi.
La mattina dopo era scomparso.
Andai a chiamarlo, come previsto, verso le 9, ma non
rispose al citofono, e neppure al mio bussare. Preoccupatissimo, chiamai il
pronto intervento e feci sfondare la porta, ma di Michele nemmeno l'ombra. La
polizia non trovò nulla in casa sua: nessuna impronta, nessun segno di
colluttazione, tutto era a posto.
Come ultima persona ad averlo visto, fui interrogato più
volte, ma rilasciai sempre la stessa versione dei fatti: ero andato a prenderlo
quando la macchina si era guastata ed eravamo usciti la sera a bere qualcosa e
a fare una chiacchierata tra vecchi amici.
Nessun accenno alle sue rivelazioni. Dissi solo che mi
era parso un po' nervoso.
Sono passate tre settimane da allora e di Michele
nessuno sa niente. Completamente scomparso. E' stato setacciato prima il quartiere
e in seguito tutta città, ma senza risultati. Sono stati affissi decine di
manifesti, fatti annunci in TV, radio e sul web ma nessuno si è presentato. La
polizia sospetta di me, ma questo non ha più importanza ormai, perché stanotte
ho avuto la conferma che Michele non era affatto pazzo!
Poco meno di un'ora fa stavo chiudendo il cancello del
mio condominio, quando pigramente alzai lo sguardo verso la strada. E fu lì che
lo vidi. Alto, cadaverico, vestito tutto di nero con solo il viso scoperto. Era
pelato, la sua pelle bianchissima, come porcellana. Le labbra rosso sangue erano
serrate e i suoi grandi occhi neri mi fissavano. Il tutto durò forse un paio di
secondi, ma non ebbi dubbi su quello che vidi! Urlai come mai avevo fatto in
vita mia, svegliando tutto il palazzo. Ho la certezza assoluta che non si è
trattato di uno scherzo della mia immaginazione; era reale!
Ginocchia e vescica mi cedettero quasi
contemporaneamente, e rimasi inginocchiato a guardare la strada, tremante,
mentre una macchia scura si allargava sui pantaloni del mio completo.
Questo è tutto. Ora sapete. Mi chiedo solo quanto tempo
mi rimanga.
Non ho il coraggio di spegnere la luce.
Non ho il coraggio di guardare nel buio.
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Dott_Gonzo
pubblicato il 22.02.2008 [Testo]