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Uno scritto a caso

Il Male
[poesia]
Davide Lombardo
12.08.2011

Polvere

Erano i primi d'ottobre... le foglie già iniziavano la rituale danza della mutazione, variegando i paesaggi con ampie sfumature di rosso e di gialli, un cielo mai sazio di sbuffi colorati... l'impercettibile tela della natura! In questo fotogramma di avanzata fine estate, vi era incastonata una piccola fattoria. Qui viveva un giovane cavallo che la figlia del proprietario aveva battezzato "Polvere" per via del suo mantello grigio perla con leggere striature bianche.

Era un puledro dal carattere esuberante e, da subito, s'era mostrato recalcitrante agli spazi chiusi vuoi per trascorrere le notti in una stalla o le giornate intere all'interno di un recinto. Di razza "Akal-Tekè", originaria delle steppe dell'Asia centrale, aveva nei cromosomi l'esigenza dei grandi spazi contrariamente a quell'unico, monotono, orizzonte sempre diviso in due dalle fasce dello steccato. A questo "limite" fisico, non di certo impostogli dalla natura, cercava di sopperire con uno psicotico quanto instancabile girotondo al trotto, provocando enorme disagio alle attività lavorative che si svolgevano nell'area circostante per via dei continui polveroni. "Polvere" possedeva un corpo agile e muscoloso, nevrile, andatura armoniosa ma, al tempo stesso, era anche gran saltatore dallo scatto improvviso e fulmineo. Il carattere caparbio lo faceva essere, infine, di non facile gestione tanto che il proprietario, dovette desistere dall'utilizzarlo per i lavori nei campi.

Decise quindi di affidarlo definitivamente alle amorevoli cure della figlia, per la quale il puledro era stato acquistato perchè, prioritariamente e secondo i medici specialisti, avrebbe potuto aiutare la ragazza nel superare un forte problema psicologico legato ad uno stato di irreversibile disabilità motoria, intervenuto a seguito di una malevola caduta da cavallo.

Diventato adulto, Polvere, oramai abituato a trascorrere le notti all'aperto, aveva imparato a superare con abile rincorsa il recinto per dirigersi, inosservato, tra le radure e l'incantato silenzio dei boschi posti ai confini della vallata che accoglieva la fattoria.

All'alba, prima che gli uomini iniziassero ad uscire per i lavori nei campi, egli si faceva trovare sempre all'interno del recinto. L'apparente quiete dell'animale, quindi, aveva di fatto persuaso i proprietari che, il tempo e l'aria aperta, fossero riusciti a domare la naturale focosità del cavallo. Polvere amava molto gironzolare senza meta tra quelle inesplorate colline, trovandovi naturale conforto come solo un vero cavallo selvaggio riesce. In una di quelle scorribande notturne, una sete impellente lo porta ad abbeverarsi sul greto di un torrente completamente sommerso da una folta ed intricata barriera di salici secolari e rovi. Il silenzio della notte ed il canto dell'acqua gli avevano fatto strada e condotto fin lì . Un posto impervio e misterioso mai notato prima; non vi era traccia di essere umani; all'apparenza, nessuno vi era mai stato ne sarebbe mai potuto arrivarci agevolmente. Da quella volta, il torrente divenne meta fissa delle sue scappatelle, prepotente richiamo al quale non si sottraeva tanto da riuscire, benché animale, a trovarci un senso di appagamento interiore da definirsi sovrannaturale.

Di giorno nel recinto, di notte al torrente. Questo successe fin quando i proprietari non decisero di farlo accoppiare con la fattrice di un vicino. Dall'incontro di Polvere e Francyne nacquero due bei puledri, "Bibo" e "Dida". La famigliola così costituita restò insieme fin quando i piccoli non furono in grado di cavarsela da soli. Poi, ognuno dei proprietari si riprese il proprio cavallo unitamente ad uno dei puledri.

Polvere accusò molto il distacco da Francyne, con la quale aveva trascorso una stagione indimenticabile, ma soprattutto con la quale aveva condiviso l'amore verso i loro figli. Sentimenti apparentemente umani che difficilmente possiamo concepire applicabili a degli animali. Loro, come noi, non dimentichiamolo, sono creature di Dio e solo a Lui è dato di sapere quali essere viventi nutrano di più quelli che definiamo sentimenti "veri". Comunque, da quel giorno, le "responsabilità" di padre oltre che il violento distacco da Francyne e Dida, tennero Polvere lontano dalla tentazione di saltare il recinto... Quando anche "Bibo" ebbe un'età tale da essere considerato utile per la piccola comunità, venne impiegato in quei lavori per i quali, Polvere ed il suo carattere, erano stati dispensati.

I due cavalli, quindi, furono separati per evitare che il forte carattere del padre fosse trasmesso al figlio. Polvere, tornato quindi a dividere il recinto con la solitudine della notte, tornò nuovamente a smaniare facendo riemergere ancor più prepotente il "richiamo", ormai fatta esigenza, del suo torrente. Così una sera, senza troppo pensare e con un vigoroso balzo, superò quel confine che si era imposto per tante stagioni, prendendo al galoppo la via delle colline.

Dopo un'appagante corsa ristoratrice sostò al chiarore della luna, su di un pianoro che dominava la vallata... vide la sua fattoria piccola piccola, lontana. Con un movimento ondulatorio della testa e soffiando dalle narici si voltò, proseguendo la strada verso il torrente. Polvere, cavallo dai grandi occhi verdi e delicati, in quell'istante si ritrovò il muso vistosamente bagnato... mi piace raccontare che fosse pianto! Camminò parecchio, quasi dimentico del giusto sentiero, prima di arrivare nei pressi del muro di rovi che divideva il circondario da quel posto incantato. Ci aveva messo più tempo del solito ma, ora, sentiva il canto del torrente scivolargli nelle vene.Incurante degli spini e delle ferite che gli provocavano, si fece largo nell'intrico di rovi per arrivare in quell'oasi di ristorarsi per la sua anima. S'abbeverò lentamente.

Il tempo oramai non era più una variabile, non doveva più tornare indietro. Sentiva che quella sarebbe stata la sua nuova casa. Nel costante andare del torrente, si muoveva soddisfatto contemplando l'habitat appena conquistato... instancabili acque che riflettevano i colori del cielo ed a fargli da cornice, fronde pendule di salici secolari e vaporose felci di ogni genere... questa sensazione di trovarsi in un posto "assoluto" lo faceva sentire parte di quella scena... della sua scena. Si guardava attorno incuriosito ma sempre più soddisfatto della scelta effettuata. Fu in quel girovagare che scoprì , alle spalle della cascatella principale, un'ansa scavata nella roccia dallo scorrere ancestrale dell'acqua - "un posto ideale per riposarsi" - pensò. In uno scenario di quiete totale, intorno e dentro di se, tirando un gran sospiro prima di chiudere gli occhi, Polvere, accucciatosi, s'addormentò sereno. Il sogno arrivò quasi immediato e lo trovò pronto a rivivere il suo passato... l'inevitabile giovinezza al fianco della sua tenera padroncina, Emily, che possedeva una sensibilità tale da esser riuscita ad imparare il suo modo di comunicare, il "linguaggio dei cavalli", tramite suoni ed atteggiamenti del corpo, idonei a trasmetterle messaggi relativi alle proprie intenzioni, alle emozioni, finanche i sentimenti.

Aveva vissuto con lei una inenarrabile simbiosi fatta anche di percezioni olfattive e visive. Un connubio di memoria e sensibilità anche attraverso i messaggi sonori che andavano dalla semplice emissione di aria dalle narici in segno di approccio, allo sbuffo emesso in direzione di qualcuno o di qualcosa per suscitare sorpresa. Il ronfo, emesso con toni elevati in direzione di un pericolo fino al più piacevole, il nitrito, vero messaggio tra "animali"... un saluto o una semplice richiesta.

Il sole era già alto, quando venne svegliato da una voce. Era una bambina... Polvere rimase interdetto per un attimo ma quella voce, sempre più, gli entrava dentro tanto che dovette sollevarsi dal giaciglio per il disagio che stava provando e convincersi d'essere realmente sveglio. Non appena il suo muso fece capolino dal getto della cascatella vide, sopra un

masso affiorante dalle acque, una bambina che, cantava e

poi parlava e parlava... ma parlava sola all'apparenza... rivolgendosi prima alle acque, poi alle nuvole... sembrava stesse rispondendo anche al cinguettare degli uccelli. Timoroso ed incuriosito, prese ad avvicinarsi lentamente... vide nella mano della bambina una lunga piuma bianca che ella agitava con superba maestria quasi fosse la bacchetta di un direttore d'orchestra o il nastro usato dalle ginnaste nelle figure di corpo libero.

Lei, non appena il cavallo le fu vicino, allargò le braccia e con uno splendido sorriso e gli disse: "Polvere, allora... ce ne hai messo di tempo per riprenderti la tua vita, era tanto che aspettavamo...".

Senza più diffidenza, Polvere, pensò tra se come avesse potuto, quella bambina, conoscere il suo nome, tanto più i veri motivi della profonda sofferenza che lo aveva trascinato fin lì . Di rimando lei: "ma come, proprio non hai capito chi sono... eh, dolce testone??!!"

Egli, ancor più disorientato, fece mezzo passo indietro... la sua espressione, per quanto equina, rasentò l'umano sbigottimento: "come fa a percepire il mio pensiero?" - fece quasi stizzito dentro di se.

"Non devi meravigliarti, io sono l'Angelo dei Desideri, posso leggere nel cuore e nella mente di ogni essere vivente". Polvere in quel momento si sentì mancare le zampe... "allora significa che leggi anche nella mia mente?".

"Certo - disse di rimando la bambina - non parli la lingua dei sassi ma ti capisco perfettamente e conosco pure tutta la sofferenza che ti trascini dentro, come un giogo, da numerosi anni. Ora che hai deciso finalmente di fermarti e di prenderti cura di te, ti offro la possibilità di realizzare il tuo sogno; non devi far altro che esprimermi il tuo desiderio più vero".

Polvere era frastornato, un potente nitrito gli scoppiò improvviso per la forte tensione del momento... era agitato, si imbizzarrì ... si sentiva strano e strana sentiva essere l'aria che respirava... era un profumo, dolce, penetrante, mai percepito prima in quel luogo!

L'Angelo dei Desideri, poggiò la sua piccola mano sul muso del cavallo, proprio nel centro della fronte dove una leggera chiazza di bianco assumeva forma di piccola stella e, accarezzandolo lentamente proprio in quel punto, disse: "non devi aver paura... ogni cosa che appartiene al Creato ha un'anima, e tu sei sempre stato la mia stella buona in questa terra. Ora, devi seguire solo il tuo istinto, il tuo cuore, essere te stesso per un'altra volta ancora...dai forma ai tuoi desideri..."

A queste parole, Polvere, associò in modo quasi immediato l'immagine di Emily, la sua padroncina... l'amore che le aveva sempre riservato, le cure e le premure sin da quando era un puledro; l'affetto ed il sentimento particolare che solo un essere "speciale" poteva riservare ad un animale. "Vedi che sei sulla strada giusta?" - riprese l'Angelo. Polvere a quel punto, spalancò senza più remore il cassetto dei sogni: "voglio che Emily torni a correre sulle sue gambe come prima... per me vorrei il cuore di un bambino, una casa dove ritornare e dei ricordi da cullare..."

"Tutto qui?" - disse lei con sguardo di tenerezza. Alzò quindi il braccio facendo roteare più volte intorno alla testa del cavallo, la piuma bianca che stringeva nella mano. In quell' istante Polvere percepì una sorta di formicolio esteso su tutto il corpo... da lì a poco si sarebbe trasformato in un forza irrefrenabile che sentiva esplodergli dentro. La piccola stella sul muso iniziò a lumeggiare di una strana luce radiosa. I suoi occhi erano paralizzati mentre, dai fianchi, spuntarono delle protuberanze che, lentamente presero forma... ali! Ali sempre più grandi. Polvere, incredulo, si guardava attorno non percependo altro che la gioia di quella bambina e la visione della magica mutazione che si stava compiendo su di se... delle nuove appendici che ora stavano per schiudersi ed

assumere forma fiabesca; più si meravigliava e più la bambina gioiva di una buffa danza accompagnata sempre da quella piuma... era lì , proprio davanti a lui. Una piuma bianca che gli si andava stampando nella mente e negli occhi come persistenza retinica.

Da subito riuscì a muovere quelle nuove e inusuali appendici... a distenderle ed agitarle a tal punto che, nel momento stesso che l'istintiva irrequietezza stava per arrivare al culmine, anziché imbizzarrirsi, involontariamente, spiccò un volo... suo malgrado si ritrovò ad allontanarsi dal torrente, salendo velocemente verso il cielo più azzurro con larghi giri concentrici. Non aveva paura, era meravigliato ed inspiegabilmente felice... guardò per l'ultima volta la bambina che lo salutava animatamente con quella strana piuma stretta nella mano... era sempre più piccola... ma, da lassù, riuscì a vedere che quel magico vortice si era appena trasformato in uno splendido Uccello del Paradiso e stava già in... volo sparendo per sempre dalla sua vista. L'ultima immagine che Polvere percepì in quei convulsi istanti, fu il proprio corpo che si dissolveva in una colorata scia di bellissime farfalle. Mentre lui saliva in alto, loro, vestite di mille piccole ali colorate, tornavano giù, verso terra...


Pubblicato su "Pensieri Volontari" - The Boopen ed. - novembre 2007




paolo simoncini pubblicato il 04.02.2008 [Testo]


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