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Giulia e l'isolamento forzato

Nessuna nuova!

Giulia avvita la moka, l’ennesimo caffè. Questa volta almeno è decaffeinato. Due barattoli del caffè stanno in bella mostra sul ripiano della cucina, uno quello con la scritta di fabbrica “CAFFÈ”, l’altro con un post-it a nascondere quella originale “ZUCCHERO”. Aveva annotato con la sua solita mano incerta il nuovo contenuto “decaiffeinato”, non usava zucchero da anni e non aveva ospiti per cui riservare quel barattolo. Non le serve neanche per i dolci, il forno non funziona da anni e francamente preferisce il dolce al salato, non è una gran perdita. Il caffè fuoriesce gorgogliando, sprigionando quell’aroma che la fa sentire viva più del suo gusto, più della botta di caffeina, quando c’è. Lo versa nella tazzina stile bar, anzi del bar. Le era stata regalata dalla sua amica barista quando aveva chiuso i battenti per fallimento. Una sola. La sola che era riuscita a sottrarre all’agguerrito gruppo di creditori. Era poi partita per il sudamerica mettendosi alle spalle la vita precedente nel bene e nel male. Le aveva chiesto di partire con lei, di tentare quella avventura, ma lei all’epoca aveva un matrimonio, anche se fortemente in crisi, una famiglia ed un lavoro. Ora non aveva più nessuno di quei tre e delle amicizie le restava solo il ricordo in una tazzina. Andati via in sequenza abbastanza rapida marito, con un’altra, genitori, passati a miglior vita, e lavoro, schiantato dallo tsunami della grande distribuzione.

Appoggia la tazzina sul tavolo lindo di cucina e si siede nella sedia con il cuscino verde. Lalla, la gatta, come rispondendo ad un preciso segnale le salta in grembo. Quella è la sua sedia e se lei la occupa vuol dire che è disponibile ad accoglierla in braccio. Quando fosse nato quel codice proprio non lo sapeva ma andava bene ad entrambe. Con una mano Giulia regge la tazzina e con l’altra accarezza la morbida schiena della gatta. Le è rimasta solo lei, lei e la sua solitudine. Sono molti mesi che passa le sue giornate prevalentemente in casa. Da quando ha perso il lavoro non ha molti soldi da poter riservare agli svaghi, è già pesante dover far fronte a spese e bollette senza una fonte di reddito. Del resto non ha neanche amicizie per cui fare lo sforzo di tirare la cinghia in altre circostanze. Il suo povero gruzzoletto messo da parte si sta affievolendo e le prospettive di trovare un impiego non sono mai state liete per una signora della sua età. Qualche mese fa aveva anche preso in considerazione di vendere la casa e seguire finalmente l’amica, ma il salto le era sembrato difficile d’affrontare per una come lei che a malapena riusciva a condurre la sua vita quotidiana. Era sempre stato il suo ex marito a gestire tutto, lei non andava oltre alla spesa quotidiana.  E poi cosa avrebbe potuto fare? Di certo non mettere su una qualsiasi impresa, avrebbe perso tutti i soldi della casa in un attimo.

Non è la prima volta che fa questo ragionamento, anzi per la verità fa parte del rituale del caffè. Stessi gesti, stessi pensieri. Forse una vera e propria ossessione. Le scendono due lacrime, non riesce a riemergere da quel buco nero e profondo dove è precipitata. Sorso dopo sorso, carezza dopo carezza sempre la stessa domanda “Ed ora cosa posso fare?”. È stato così per mesi e mesi ma adesso che tutta la nazione è relegata in casa con l’imposizione del cosiddetto “distanziamento sociale” lei si sente incredibilmente normale. Si sente facente parte della comunità in quel surreale isolamento. Le sembra di aver riacquistato una posizione sociale, anzi meglio. A lei infatti non pesa quasi più stare in casa, ci si è dovuta abituare. A spaventarla è la mancanza di una entrata monetaria, per il resto la compagnia della sua gatta da tempo è l’unico diversivo alla televisione perennemente accesa.

Certo ha paura, ma per la sua gatta. Si chiede che fine farebbe Lalla senza di lei, chi si prenderebbe cura di questo esserino in un momento di panico sociale? Con i vicini le rare volte che si incrociano, a debita distanza, si evita persino di guardarsi, come se il virus possa essere trasmesso anche dal semplice sguardo. Nessuno ti chiede come stai, ogni convenevole è ridotto al minimo accentuando quel senso di “si salvi chi può” che aleggia da qualche giorno. Tutti parlano di solitudine, di solitudine nella morte. Quindi forse lei è già morta visto che quello è il sentimento che raramente l’abbandona. A lei cosa cambierebbe in quella circostanza? Nulla in ogni caso morirebbe sola. Non ci sarebbe nessuno a tenerle la mano, nessuno a fingere fino all’ultimo che le cose possono migliorare, nessuno che si dispera all’idea che lei vada via. Nessuno!

Lalla fa le fusa come suo solito, la sua gioia sembra sempre scollata dei torvi pensieri della padrona. Per lei quello è un momento di coccole ed è completamente ignara del contemporaneo tormento di chi la porta in grembo. Giulia si asciuga le lacrime e pensa che quello che è un periodo di angoscia e preoccupazione per gli altri è invece la sua quotidianità. Qualcosa a cui in un certo modo si è già abituata e forse per questo sembra più docile e remissiva nell’accettare tutti questi divieti. Anche nel dolore ci sono livelli di abitudine.

Il caffè è finito, la gatta scende e si allontana. Giulia pensa che però anche lei ha qualcosa da perdere, qualcosa che le scalda il cuore, qualcosa che la fa andare avanti e sperare. Quel morbido batuffolo di pelo che fra poco condividerà ancora con lei quel rituale. Non è poco!


Amanda Decori pubblicato il 27.03.2020 [ Ritratti ]


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