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Da Tienanmen alla via della seta verso l'Africa

Sotto il declino dell'Europa

La ricorrenza del 4 giugno appartiene soltanto alla memoria occidentale, o meglio ad una ristretta parte dell'occidente che ha creduto nel sogno di una rivoluzione democratica ed economica del misterioso, popoloso ed allora arretrato paese orientale. Da quella che fu definita la strage di piazza Tienanmen, senza conoscerne con esattezza i numeri di chi è rimasto ucciso, ferito od imprigionato, partì effettivamente una rivoluzione che fu solo economica. Il fremito del cambiamento attraversava tutti i regimi comunisti e di lì a qualche mese avrebbe spazzato via, dissolvendoli in tante piccole nazioni, l'Unione Sovietica e i paesi satelliti. Cambiamento che portò guerre, miserie, arricchimenti improvvisi, spostamenti di masse e, cosa ancora non ben appurata nella sua portata, svuotamento e vendita di arsenali di armi. 

Ma la Cina no, lei non aprì le sue frontiere, non cedette il suo comando, anzi serrò i ranghi e spazzò via la protesta dalla piazza.  Il giorno dopo promise aperture economiche forzate applicando la stessa determinazione usata nella rivoluzione culturale degli anni cinquanta, che aveva annientato la classe intellettuale nell'illusoria ridefinizione di una società modellata sull'assoggettamento dell'individuo alla collettività. Tenendo conto del disastroso stato di arretratezza in cui versava il magnifico paese nessuno in occidente sembrava scommettere sul cambiamento e di contro si temevano le conseguenze della caduta delle frontiere di una nazione con un miliardo di persone. L'esempio dello spostamento di masse dall'est Europa verso i paesi occidentali in seguito al disfacimento dei regimi comunisti aveva posto problematiche antimigratorie già da allora .

Poi con l'apertura economica della Cina è salita l'ingordigia degli occidentali che vedevano il potenziale di un miliardo di clienti senza fare i conti con le regole del regime totalitario, che sono invece rimaste immutate. In trent'anni lo sviluppo è stato esponenziale, aiutato anche da dubbiose acquisizioni lecite di know how (conoscenza) tecnologico ma sicuramente supportato da valanghe di brevetti come nessun altro paese al mondo. Una delle prime vittime dell'ingordigia cieca è stata la perdita dell'industria tessile italiana. L'esportazione dei meravigliosi telai industriali e la graduale appropriazione delle competenze da parte delle maestranze con gli occhi a mandorla, ha messo in ginocchio quella economia formata da micro imprese di cui nessun politico si è mai interessato. Di contro noi in forma di consumatori abbiamo fiutato il risparmio del singolo mentre la nazione si depauperava. Se una maglietta anziché costare 40€ ne costa 10€ qualche motivo c'è, non sempre è la qualità del tessuto ma semplicemente una manodopera a costo irrisorio che fa sopportare alle merci l'aggravio di spedizioni a grandi distanze.

Tuttavia la cecità di valutazione è stato un fattore comune in Europa. Tutte le nazioni europee sono entrate in competizione nel tentativo di accaparrarsi illusoriamente il cliente Cina che mai ha consentito un vero insediamento straniero nei suoi territori, e contemporaneamente anche in conflitto economico fra di loro. La classica pazienza orientale affiancata da regole rigidamente imposte, senza possibilità di contestazione, ed una spregiudicata visione della espansione economica ha portato a questo grande sbilanciamento in termini di crescita. Le frontiere ora sono praticamente aperte nel senso che i cinesi possono uscire e fare i turisti in tutto il mondo tanto non hanno più nessun interesse a non tornare visto che sono molto più ricchi restando in patria che non altrove. La loro migrazione lavorativa è ben vista ed auspicata, serve a creare ponti economici.

E l'occidente cosa fa? Continua con le sue politiche di ottusità totale. Al momento in Europa sono impegnati con slogan del tipo "aiutiamoli a casa loro", "no alla ridistribuzione dei migranti", "chiudiamo porti e frontiere",  "rivediamo il trattato di Dublino sì, no" ecc. Invece la Cina cosa fa? Li "aiuta a casa loro", per così dire. Infatti da un po' ha iniziato con la sua colonizzazione e sfruttamento di quel grande territorio pieno di risorse naturali che è il continente nero. E lo fa pesantemente costruendo infrastrutture e palazzi a prescindere dal fatto che siano necessari allo sviluppo futuro delle nazioni che gli hanno dato un consenso in bianco.  Recentemente è anche partita la Nuova via della Seta verso l'Etiopia, paese da cui arrivano molti di quei migranti che genericamente "si vogliono aiutare a casa loro". C'è da scommettere che fra non molto, vista la velocità dei cambiamenti vertiginosi di questi ultimi anni, il verso dei barconi sarà invertito dalla orba Europa alla colonia economica Africa, ma questa volta diversamente dai secoli precedenti i colonizzatori saranno cinesi, noi andremo a servire.

Così mentre l'Europa si accapiglia scippandosi fabbriche, clienti, inutili singoli accordi con nazioni più potenti e politiche antimigrante come causa di tutti i mali, c'è qualcuno che pensa di "aiutarli" sfruttandoli e sfruttando anche noi. I nostri politici guardano a ciò che accade al massimo fra cinque anni, con la limitazione di chi pensa solo al proprio campanile. 

Cosa resta della strage del 4 giugno alla piazza Tienanmen? Nulla, se non il poster di un ragazzo con le buste di plastica davanti a quattro carri armati in fila, solo il coraggio di un giovane di cui non si è saputo più niente, spazzato via da un illusorio benessere economico. Nulla e nessuno ha voglia di parlarne, tutti preoccupati da non irritare chi con spregiudicatezza economica ci iene e terrà al guinzaglio. Noi invece siamo distratti dal tenere migranti e principi fuori dalla porta di casa, almeno finché anche la nostra casa non diventerà cinese!


Amanda Decori pubblicato il 04.06.2019 [ Attualità ]


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