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Uno scritto a caso

IL SUONATORE PAZZO
[scritto] vita vissuta e un pò di fantasia
Carlo Salvadorini
16.03.2008

I fiori perdono i petali

Carlo era lì fuori da scuola , radioso come non mai ,  gli brillavano gli occhi mentre appoggiato alla sua Panda mi osservava camminare verso di lui.

Sorrideva, sorridevo anch’io  di un sorriso diverso però.

« Vuole un passaggio madame ?»

Non ho risposto , ho alzato lo sguardo e sono salita in macchina.

Carlo ha costeggiato il cruscotto con troppa fretta  e si è piazzato con tutto il suo entusiasmo sul sedile del guidatore.

« Com’è andata oggi a scuola? »

« Bene … bene , grazie»

Le mie  parole strisciavano stanche , mi mordevo le labbra nervosamente mentre lui ingranava la prima.

Siamo rimasti in silenzio per tutto il tragitto , vedevo la delusione sul suo volto , aveva capito che non volevo parlare .

Arrivati  sotto il portone del mio palazzo  scesi dalla macchina , lo ringrazia e presi le chiavi  dalla mia borsa .

Carlo era ancora lì , aspettava sempre che io entrassi , mentre giravo le chiavi nella serratura lo guardavo era un po’  triste così sono tornata da lui.

« Vuoi salire?  ….Sono sola a pranzo!»

La mia domanda era ferma nell’aria  così come le chiavi appese al portone.

Ha esitato parecchio prima di rispondere.

« Pensavo non avessi voglia di vedermi ! …..Non eri molto felice prima !»

Aveva ragione , non lo ammisi . Sorridevo,  forse in maniera troppo beffarda .

« Vuoi salire o no? »

Sorrideva anche lui e guardando i suoi denti spuntare così d’improvviso  mi si fermò il cuore  e ad un tratto tutto era sereno , tutto era respirabile.

Era stata una sensazione effimera però bellissima .

Entrati in casa volevo ringraziarlo per quell’attimo di pace  così cominciai a spogliarmi , piano. Ero al terzo bottone della camicia quando sorridendo si è avvicinato .

«Faccio io »

Era un ordine . Adoravo quando mi dava ordini , di solito era troppo tenero e comprensivo e quelle poche volte che lo sentivo autoritario  rispuntava il mio istinto animale.

Percepivo la sua voglia nell’aria , ero  la sua preda più succosa , mi studiava mentre il reggiseno scivolava a terra.

Il suo respiro si era fatto più pesante , era il ritmo del nostro amore  mentre i miei erano l’accordo sbagliato.

Io ero rimasta a letto mentre lui in cucina preparava  la carne , era un ottimo cuoco a differenza di me . Da piccolo  era costretto a cucinarsi da solo  perché la mamma lavorava fino alle quattro  e dopo una serie di tentativi poco commestibili aveva imparato l’arte dell’olio e del sale .

Mi piaceva ricordarlo così , nei momenti migliori , negli attimi  di vita quotidiana , quando restavamo soli e tutto  il resto sembrava scolorirsi .

Io e lui che facciamo colazione , che ridiamo , che commentiamo i video si youtube. Sdraiata per terra , con un cuscino sotto la testa , chiudevo gli occhi e immaginavo che  fosse ancora  accanto a me , riuscivo perfino a sentire il suo respiro , le sue mani, il suo odore.

Vivevo di ricordi ormai , mi ci aggrappavo così forte che mi bruciavano le mani.

Carlo era ovunque , fra le pagine dei miei libri preferiti, nelle parole , nei discorsi , nei movimenti consueti . Era nel caffè della mattina , fra i fotogrammi dei film , negli odori .

Era nell’aria , come un fantasma.

Ero così abituata ad averlo con me che anche ora che non c’era più  lo respiravo ancora , mi piaceva perdermi in quel respiro perché era l’unica cosa che mi restava di lui.

Col tempo i ricordi cominciano  ad appassire e come fiori perdono i petali.

Non riuscivo più a vederlo, cercavo di ricordare  il suo volto ma immaginavo solo i suoi capelli biondi , neanche un particolare.

Non ricordavo più il colore dei suoi occhi  o l’increspatura delle sue labbra , solo le mani , screpolate e ruvide , le vedevo ovunque .

Questo era un bene , non riuscire più a ricordarlo mi rendeva più sicura . La solitudine era la mia fortezza.

Volevo credere che le cose  andassero meglio senza di lui ,  infondo i giorni si ripetevano sempre uguali come succedeva da sempre.

La sera quando si spegnevano tutte le luci e il silenzio invadeva gli spazi che prima brulicavano di voci chiassose e disarmoniche io mi sentivo al sicuro , tra le solide mura che avevo eretto intorno a me , chiusa nel mio bunker d’isolamento .

Quando Carlo faceva ancora parte della mia vita il suo pensiero attaccava continuamente quelle mura , le bombardava. Il sol vederlo mi faceva abbassare le difese , ero esposta al mondo e questo era terrificante .

Carlo era in grado di penetrare quelle mura e scavare a fondo nelle mie ferite , fra le mie nevrosi  e le mie paure .

Di notte quando ero chiusa nella mia stanza vedevo i suoi occhi puntati su di me pronti ad abbattere le protezioni che avevo costruito con dedizione.

Prima di incontrarlo non riuscivo ad amare, volevo tanto poter  donare tutta me stessa , sentire quella sensazione di vuoto che si prova solo quando si ama . Il vuoto di dipendere dai suoi occhi , dai suoi sorrisi, dai suoi gesti.

L’amore ,quello vero , esclude ogni tipo di egoismo .

Io non sarei mai riuscita ad amare , ero troppo piena di me, l’ambizione mi logorava e l’amor proprio mi distruggeva .

 Non sopportavo le delusioni , il mio equilibrio era troppo instabile per essere tentato dall’amore.

Questa è la migliore scusa che io abbia mai trovato per rifiutarmi di amare .

In realtà era solo paura , assurda e insensata paura  di guardarmi dentro e lasciare che qualcuno mi guardi a sua volta .

Carlo era stato paziente , aveva atteso i miei tempi ,  mi aveva educata ad amare .

Era riuscito a scavare a fondo  nel mio lato oscuro , un lato che io non  conoscevo ma lui percepiva .

Mi aveva studiata, aveva aperto le porte della mia vita , come un uragano aveva sconvolto i miei equilibri e prima che io crollassi me ne aveva costruiti  di nuovi , più pronti alle delusioni , più aperti alla sofferenza .

Ero matura e splendente , un fiore che sboccia   che si affaccia alla vita  e comincia  a profumare i dintorni . Respiravo il nuovo profumo che irradiavo , la nuova me che era nata con lui.

Non ricordo precisamente come ci siamo conosciuti , è strano ma non ci riesco .

Ricordo , però, tutti gli attimi passati insieme , quando m’insegnava  a cucinare  e mi stringeva i fianchi mentre io giravo il sugo , mi parlava nell’orecchio con una voce melodiosa che forse non ha più  o che io ho idealizzato .

Mi spiegava l’importanza di aggiungere la giusta quantità di sale , di girare lentamente  e insieme respiravamo quel buon profumo , il nostro profumo, fresco, buono.

Io e Carlo  avevamo finito le superiori insieme, era il 2007 .

Era stato un anno intenso , pieno di emozioni , di paure , di decisioni importanti che ci avrebbero cambiato la vita , almeno così credevamo.

Io ho concluso la mia carriera scolastica con un bel 78 su 100 , diplomata al Liceo Scientifico . Lui 100 su 100 , si era diplomato al Liceo Classico con il massimo dei voti.

Insieme passavamo quel poco d’estate che ci restava  a parlare d’università , di lavori ben remunerati , di sogni utopici e fantasie .

Andavamo in spiaggia portandoci i libri , con l’intenzione di studiare  per i test d’ammissione all’università : quei libri restavano sempre chiusi sugli asciugamani ricoperti di sabbia.

Noi giocavamo a beach-volley , a carte o ci rilassavamo sul materassino .

Quella fu l’estate che ci cambiò la vita , perché le cose accado così , per caso , un giorno è perfetto e il giorno dopo non si sa.

Quell’estate fummo terremotati da un avvenimento improvviso , dopo  non eravamo più noi, più che altro eravamo ombre  che si trascinavano alla vita.

Il padre di Carlo ,Sandro, morì d’infarto il 3 agosto.

Un embolo, uno stupido embolo e tutto era diverso . Sandro non c’era più ma Carlo si.

Non parlava del padre, mai, in realtà non parlava affatto , io  ero accanto a lui  ma era come se fosse solo, chiuso nel suo dolore.

Le morti sono inevitabili , ma per quanto sia evidente che un giorno non ci saremo più , non siamo pronti.

Non ero preparata a tutto quel dolore , alla su assenza  , al fatto che ero io il suo reale adesso , ero l’unica che poteva sostenerlo .

 Carlo aveva bisogno di me ed io non riuscivo ad esserci , ero completamente inerte , incapace di aiutarlo , incapace di tutto .

Fuggì.

Con tutta la vigliaccheria che ne comportava io scappai e lo abbandonai , solo con le sue mancanze  , a montare pezzi di una vita, pezzi incompatibili , inadattabili.

Ora sono qui , in una città nuova  che non ha ricordi , una città che non mi conosce , che ignora Carlo , Sandro , l’embolo.

Una città che non mi trasmette niente che non è reale per me.

Tutta questa farsa dell’università, del lavoro , della vita che va avanti io non posso più sopportarla. Non sono riuscita a lottare per l’uomo che amavo e non riuscirò a lottare per un mondo che non sa amare.

Sento addosso tutta l’insensatezza dell’esistenza  che mi sembra un spreco in confronto all’ineffabile bellezza dell’eterno, magari raggiungerò Sandro così almeno a lui potrò chiedere scusa.

Di me era rimasto solo lo stelo .


Ann pubblicato il 27.06.2011 [Testo]


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