Carlo era lì fuori da scuola , radioso come non mai , gli brillavano gli occhi mentre appoggiato alla sua Panda mi osservava camminare verso di lui.
Sorrideva, sorridevo anch’io di un sorriso diverso però.
« Vuole un passaggio madame ?»
Non ho risposto , ho alzato lo sguardo e sono salita in macchina.
Carlo ha costeggiato il cruscotto con troppa fretta e si è piazzato con tutto il suo entusiasmo sul sedile del guidatore.
« Com’è andata oggi a scuola? »
« Bene … bene , grazie»
Le mie parole strisciavano stanche , mi mordevo le labbra nervosamente mentre lui ingranava la prima.
Siamo rimasti in silenzio per tutto il tragitto , vedevo la delusione sul suo volto , aveva capito che non volevo parlare .
Arrivati sotto il portone del mio palazzo scesi dalla macchina , lo ringrazia e presi le chiavi dalla mia borsa .
Carlo era ancora lì , aspettava sempre che io entrassi , mentre giravo le chiavi nella serratura lo guardavo era un po’ triste così sono tornata da lui.
« Vuoi salire? ….Sono sola a pranzo!»
La mia domanda era ferma nell’aria così come le chiavi appese al portone.
Ha esitato parecchio prima di rispondere.
« Pensavo non avessi voglia di vedermi ! …..Non eri molto felice prima !»
Aveva ragione , non lo ammisi . Sorridevo, forse in maniera troppo beffarda .
« Vuoi salire o no? »
Sorrideva anche lui e guardando i suoi denti spuntare così d’improvviso mi si fermò il cuore e ad un tratto tutto era sereno , tutto era respirabile.
Era stata una sensazione effimera però bellissima .
Entrati in casa volevo ringraziarlo per quell’attimo di pace così cominciai a spogliarmi , piano. Ero al terzo bottone della camicia quando sorridendo si è avvicinato .
«Faccio io »
Era un ordine . Adoravo quando mi dava ordini , di solito era troppo tenero e comprensivo e quelle poche volte che lo sentivo autoritario rispuntava il mio istinto animale.
Percepivo la sua voglia nell’aria , ero la sua preda più succosa , mi studiava mentre il reggiseno scivolava a terra.
Il suo respiro si era fatto più pesante , era il ritmo del nostro amore mentre i miei erano l’accordo sbagliato.
Io ero rimasta a letto mentre lui in cucina preparava la carne , era un ottimo cuoco a differenza di me . Da piccolo era costretto a cucinarsi da solo perché la mamma lavorava fino alle quattro e dopo una serie di tentativi poco commestibili aveva imparato l’arte dell’olio e del sale .
Mi piaceva ricordarlo così , nei momenti migliori , negli attimi di vita quotidiana , quando restavamo soli e tutto il resto sembrava scolorirsi .
Io e lui che facciamo colazione , che ridiamo , che commentiamo i video si youtube. Sdraiata per terra , con un cuscino sotto la testa , chiudevo gli occhi e immaginavo che fosse ancora accanto a me , riuscivo perfino a sentire il suo respiro , le sue mani, il suo odore.
Vivevo di ricordi ormai , mi ci aggrappavo così forte che mi bruciavano le mani.
Carlo era ovunque , fra le pagine dei miei libri preferiti, nelle parole , nei discorsi , nei movimenti consueti . Era nel caffè della mattina , fra i fotogrammi dei film , negli odori .
Era nell’aria , come un fantasma.
Ero così abituata ad averlo con me che anche ora che non c’era più lo respiravo ancora , mi piaceva perdermi in quel respiro perché era l’unica cosa che mi restava di lui.
Col tempo i ricordi cominciano ad appassire e come fiori perdono i petali.
Non riuscivo più a vederlo, cercavo di ricordare il suo volto ma immaginavo solo i suoi capelli biondi , neanche un particolare.
Non ricordavo più il colore dei suoi occhi o l’increspatura delle sue labbra , solo le mani , screpolate e ruvide , le vedevo ovunque .
Questo era un bene , non riuscire più a ricordarlo mi rendeva più sicura . La solitudine era la mia fortezza.
Volevo credere che le cose andassero meglio senza di lui , infondo i giorni si ripetevano sempre uguali come succedeva da sempre.
La sera quando si spegnevano tutte le luci e il silenzio invadeva gli spazi che prima brulicavano di voci chiassose e disarmoniche io mi sentivo al sicuro , tra le solide mura che avevo eretto intorno a me , chiusa nel mio bunker d’isolamento .
Quando Carlo faceva ancora parte della mia vita il suo pensiero attaccava continuamente quelle mura , le bombardava. Il sol vederlo mi faceva abbassare le difese , ero esposta al mondo e questo era terrificante .
Carlo era in grado di penetrare quelle mura e scavare a fondo nelle mie ferite , fra le mie nevrosi e le mie paure .
Di notte quando ero chiusa nella mia stanza vedevo i suoi occhi puntati su di me pronti ad abbattere le protezioni che avevo costruito con dedizione.
Prima di incontrarlo non riuscivo ad amare, volevo tanto poter donare tutta me stessa , sentire quella sensazione di vuoto che si prova solo quando si ama . Il vuoto di dipendere dai suoi occhi , dai suoi sorrisi, dai suoi gesti.
L’amore ,quello vero , esclude ogni tipo di egoismo .
Io non sarei mai riuscita ad amare , ero troppo piena di me, l’ambizione mi logorava e l’amor proprio mi distruggeva .
Non sopportavo le delusioni , il mio equilibrio era troppo instabile per essere tentato dall’amore.
Questa è la migliore scusa che io abbia mai trovato per rifiutarmi di amare .
In realtà era solo paura , assurda e insensata paura di guardarmi dentro e lasciare che qualcuno mi guardi a sua volta .
Carlo era stato paziente , aveva atteso i miei tempi , mi aveva educata ad amare .
Era riuscito a scavare a fondo nel mio lato oscuro , un lato che io non conoscevo ma lui percepiva .
Mi aveva studiata, aveva aperto le porte della mia vita , come un uragano aveva sconvolto i miei equilibri e prima che io crollassi me ne aveva costruiti di nuovi , più pronti alle delusioni , più aperti alla sofferenza .
Ero matura e splendente , un fiore che sboccia che si affaccia alla vita e comincia a profumare i dintorni . Respiravo il nuovo profumo che irradiavo , la nuova me che era nata con lui.
Non ricordo precisamente come ci siamo conosciuti , è strano ma non ci riesco .
Ricordo , però, tutti gli attimi passati insieme , quando m’insegnava a cucinare e mi stringeva i fianchi mentre io giravo il sugo , mi parlava nell’orecchio con una voce melodiosa che forse non ha più o che io ho idealizzato .
Mi spiegava l’importanza di aggiungere la giusta quantità di sale , di girare lentamente e insieme respiravamo quel buon profumo , il nostro profumo, fresco, buono.
Io e Carlo avevamo finito le superiori insieme, era il 2007 .
Era stato un anno intenso , pieno di emozioni , di paure , di decisioni importanti che ci avrebbero cambiato la vita , almeno così credevamo.
Io ho concluso la mia carriera scolastica con un bel 78 su 100 , diplomata al Liceo Scientifico . Lui 100 su 100 , si era diplomato al Liceo Classico con il massimo dei voti.
Insieme passavamo quel poco d’estate che ci restava a parlare d’università , di lavori ben remunerati , di sogni utopici e fantasie .
Andavamo in spiaggia portandoci i libri , con l’intenzione di studiare per i test d’ammissione all’università : quei libri restavano sempre chiusi sugli asciugamani ricoperti di sabbia.
Noi giocavamo a beach-volley , a carte o ci rilassavamo sul materassino .
Quella fu l’estate che ci cambiò la vita , perché le cose accado così , per caso , un giorno è perfetto e il giorno dopo non si sa.
Quell’estate fummo terremotati da un avvenimento improvviso , dopo non eravamo più noi, più che altro eravamo ombre che si trascinavano alla vita.
Il padre di Carlo ,Sandro, morì d’infarto il 3 agosto.
Un embolo, uno stupido embolo e tutto era diverso . Sandro non c’era più ma Carlo si.
Non parlava del padre, mai, in realtà non parlava affatto , io ero accanto a lui ma era come se fosse solo, chiuso nel suo dolore.
Le morti sono inevitabili , ma per quanto sia evidente che un giorno non ci saremo più , non siamo pronti.
Non ero preparata a tutto quel dolore , alla su assenza , al fatto che ero io il suo reale adesso , ero l’unica che poteva sostenerlo .
Carlo aveva bisogno di me ed io non riuscivo ad esserci , ero completamente inerte , incapace di aiutarlo , incapace di tutto .
Fuggì.
Con tutta la vigliaccheria che ne comportava io scappai e lo abbandonai , solo con le sue mancanze , a montare pezzi di una vita, pezzi incompatibili , inadattabili.
Ora sono qui , in una città nuova che non ha ricordi , una città che non mi conosce , che ignora Carlo , Sandro , l’embolo.
Una città che non mi trasmette niente che non è reale per me.
Tutta questa farsa dell’università, del lavoro , della vita che va avanti io non posso più sopportarla. Non sono riuscita a lottare per l’uomo che amavo e non riuscirò a lottare per un mondo che non sa amare.
Sento addosso tutta l’insensatezza dell’esistenza che mi sembra un spreco in confronto all’ineffabile bellezza dell’eterno, magari raggiungerò Sandro così almeno a lui potrò chiedere scusa.
Di me era rimasto solo lo stelo .
Ann
pubblicato il 27.06.2011 [Testo]