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Uno scritto a caso

NATALE OGGI
[poesia]
Pierluigi Camilli
27.01.2009

Linee Guida

Linee Guida

Per fare diagnosi di diabete è sufficiente effettuare per due volte la glicemia venosa a digiuno, se superiore a 126 Mg/100 ml. Se la glicemia a digiuno è superiore a 110 Mg, è opportuno eseguire test da carico orale con glucosio e se quest’ultimo alla seconda ora è superiore a 200 si pone diagnosi di ridotta tolleranza ai carboidrati, se invece è normale si pone la diagnosi di alterata glicemia basale. Entrambe queste situazioni necessitano di attenzione e di ulteriori controlli.

Purtroppo ad una recente conferenza ho sentito che il limite di 110 sarà sicuramente portato a 100Mg/100.

Anche il colesterolo, il cui limite massimo era, in passato, fissato a 250Mg/100ml ora è stato portato a 220Mg/100ml ed è sicuramente destinato a scendere ancora. Ho l’impressione che chi stila queste linee-guida non si fermerà fino a quando vi sarà anche una sola persona sana. Tutti debbono avere almeno una malattia e tutti debbono sentirsi in colpa ed avere paura.

E’ vero statisticamente che chi ha valori più bassi vive di più, ma sono i valori che abbiamo definito normali, sono i valori della maggioranza delle persone o sono i valori che garantiscono una vita più lunga? Se affamiamo un gruppo di topi ci accorgiamo che essi vivono di più rispetto ad altri gruppi che mangiano liberamente, ma è nella natura del topo mangiare così poco ?

E se ci accorgessimo che mangiando due sedanini al giorno l’uomo aumenta la sua aspettativa di vita, quale definiremmo la dieta “normale” quella della maggior parte degli uomini o quella di chi vive di più? Sono domande che dovremmo iniziare a porci, dato che per la prima volta rischiamo di definire la normalità non con criteri basati sulla statistica, ma con criteri basati sull’aspettativa di vita, un modo diverso da quanto è stato fatto fino ad ora. Può essere una cosa giusta cambiare atteggiamento di fronte alla “normalità”, ma non mi pare che se ne discuta abbastanza e non mi sembra che tutti ne siamo consapevoli.

La situazione di oggi mi fa ricordare una simpatica commedia dei primi anni del 900 scritta da Jules Romains dal titolo “Knock ovvero il trionfo della Medicina”. La trama è semplice: il moderno dott. Knock rileva una condotta sperduta in montagna al vecchio dott. Parpalaid, ma scopre con dispiacere che a St. Maurice la maggior parte delle persone gode di ottima salute. Capisce però subito che tutto ciò dipende dai metodi obsoleti del vecchio dott. Parpalaid e, piano piano, riesce a far trionfare la scienza moderna, convincendo tutti i paesani di essere malati. La salute non esiste, è un’astrazione, una sottile linea immaginaria prodotta dall’ignoranza e dalla pratica errata della Medicina. Knock raggiunge il suo trionfo quando alla fine riesce a convincere anche l’anziano collega Parpalaid ad indossare, anch’egli finalmente, le vesti del malato.

Un altro bel racconto che parla dello stesso argomento è “L’alienista” dello scrittore brasiliano Machado De Assis, In questo racconto il protagonista, lo psichiatra Simao Bacamarte, riesce a convincere tutti gli abitanti di un villaggio di essere malati di mente ed a rinchiuderli tutti in un manicomio.

Come si può vedere, molti scrittori, anche in passato, hanno avuto queste stesse impressioni. Guardando le cose dal basso ho l’impressione che oggi si stia un po’ esagerando. Vedo dei vecchietti che tutte le mattine si mettono in fila per avere impegnative, visite e prestazioni sanitarie di ogni genere e spesso leggo nei loro occhi tanta paura. Va a finire che per paura di morire, muoiono di paura e mi domando se sono felici di questa vita fatta di impegni sanitari. Non che abbiano altre scelte meravigliose, ma questo rischia di trasformarsi in un lavoro o meglio in un incubo. E’ questa la vecchiaia e la vita che auspichiamo per i nostri anziani e per noi stessi? Accanto a persone che non chiedono nulla, ve ne sono altre, malati “professionisti”, che sanno destreggiarsi perfettamente in tutte le pastoie burocratiche e passano tutta la loro giornata a curarsi ed a richiedere interventi sanitari. Sono in buona fede e tutti pensano che dovrebbero curarsi di più e chiedere di più.

Conosco persone che per assistere la madre si sono licenziate dal lavoro e richiedono, richiedono continuamente. Dopo un po’ questa diviene la loro professione e la cosa che sanno meglio fare. Chi chiede ottiene qualsiasi cosa, chi, forse per pudore o per poca conoscenza, non chiede, non ottiene nulla. Vi sono delle singole persone che richiedono tante energie e tante risorse economiche quante ne vengono spese in Africa per assistere un intero villaggio. E sono più felici?

Bisognerebbe, a volte, avere il coraggio di fermare questa corsa alle prestazioni sanitarie e porre fine al circolo vizioso della paura. La paura non serve a nessuno, fa solo male e fa soffrire”.


annibale bertollo pubblicato il 10.10.2011 [Testo]


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