scritto per il contest Blusubianco
'La sua camicia è una macchia bianca sul letto. Lei la ignora: infila nel cassetto la biancheria pulita, mette la borsa nuova sul ripiano più alto dell'armadio, apre la finestra e cambia aria alla stanza. Va a sedersi davanti allo specchio. E' bella, oggi; sembra quasi che il trucco di ieri sera le sia rimasto addosso. Ora può girarsi, raggiungere il letto. Prima sfiora il colletto e accarezza le maniche, poi se la preme sul naso, sulla bocca. Sorride: che stupida.
Va all'armadio e cerca una stampella libera. Si sforza di non guardare il telefono anche se è lì , sul comodino.
Vorrebbe chiamarlo per ringraziarlo della serata. E' uscito come al solito molto presto per andare a lavorare, ma questa mattina ha preso il caffè da solo, non ha voluto svegliarla perchè si erano addormentati molto tardi. Caterina guarda la sveglia. Sono le nove e a quest'ora sarà già molto impegnato.
Decide che lo chiamerà più tardi. Torna a sedersi davanti allo specchio. C'è una luce nuova nei suoi occhi, una gioia che non provava da tempo. Che sorpresa meravigliosa l'invito a cena di suo marito, la sera prima. Da troppo tempo non passavano una serata così , da troppo tempo non lo sentiva così vicino.
Ricordava perfettamente il giorno in cui si erano conosciuti. Era appena uscita dal lavoro, era segretaria nello studio di uno dei più affermati avvocati della città, e si stava dirigendo alla solita fermata dell'autobus, quando un uomo arrivò correndo e la scontrò, facendola cadere. Aveva smesso da poco di piovere, uno di quegli acquazzoni primaverili che in pochi minuti riempiono strade e marciapiedi di pozzanghere, e Caterina si inzuppò il vestito leggero e l'impermeabile. L'uomo la aiutò a rialzarsi e le chiese scusa, si diede dello stupido, spiegò di essere in ritardo per un colloquio di lavoro e le domandò come poteva rimediare. Caterina pensò che aveva già fatto abbastanza! Poi lo guardò negli occhi, i più azzurri che lei avesse mai visto, e capì che era veramente dispiaciuto. Gli rispose che non doveva preoccuparsi, la fermata dell'autobus non era distante e sarebbe arrivata a casa in fretta, gli voltò le spalle e se ne andò. La sera dopo, uscendo dall'ufficio, lo trovò ad aspettarla. "Vorrei ancora scusarmi con lei per l'accaduto, sono stato un vero idiota a correre così in mezzo alla gente, ma ero in ritardo per un colloquio molto importante e...", "...e com'è andata?", lo interruppe Caterina, "Mi hanno assunto. Lei deve essere stata il mio portafortuna", le rispose.
Lui cominciò a corteggiarla. La aspettava tutte le sere all'uscita dal lavoro e la accompagnava alla fermata dell'autobus. Spesso passeggiavano un po' per le vie del centro prima di rincasare. La loro fu una storia semplice, un'amicizia affettuosa all'inizio, poi capirono di amarsi e dopo pochi anni di fidanzamento si sposarono.
Leonardo era impiegato in una compagnia di trasporti marittimi e Caterina continuò a lavorare nello studio dell'avvocato fino a quando non ebbero il loro primo figlio, poi decisero di comune accordo che lei si sarebbe occupata dei figli e della casa. Caterina era contenta così , seguire i suoi ragazzi le dava molto da fare ed era lieta di essere sempre presente per loro. Erano sereni, la loro vita scorreva tranquilla tra lavoro, scuola, casa e domeniche in famiglia. Erano abituati a fare lunghe chiacchierate, si raccontavano gli avvenimenti della giornata, Caterina parlava dei figli e Leonardo del lavoro. A lei piacevano moltissimo quei momenti tutti per loro due, di solito dopo cena, anche se erano continuamente interrotti dai bambini che avevano sempre qualcosa da dire o che cominciavano a litigare.
Ad un certo punto Leonardo decise di mettersi in proprio. Con le competenze acquisite negli anni, un po' di aiuto economico dai suoi genitori ed una buona dose di coraggio, avviò una sua agenzia di trasporti. La loro vita cambiò radicalmente. Gli orari di lavoro di Leonardo si allungarono, le sue preoccupazioni aumentarono, il tempo che dedicava ai figli e a Caterina diminuiva sempre di più. Anche quando era a casa con loro la sua mente era assente, i suoi pensieri lontani.
Era diventato anche più silenzioso. Diceva che voleva tenere per sè i suoi problemi, che era inutile preoccuparsi in due, ma a Caterina mancavano moltissimo le loro chiacchierate.
Giorno dopo giorno sentiva che si allontanavano sempre di più. Quando provava a dirglielo, lui ribatteva che negli anni anche lei era cambiata molto, che lo aveva messo da parte per dedicarsi ai figli, che era troppo occupata a fare la mamma per trovare il tempo di fare anche la moglie. Caterina pensava che lui non avesse tutti i torti, però i bambini da piccoli avevano così tanto bisogno di lei!... e poi crescendo avevano continuato ad affidarsi alle sue cure, a cercare le sue attenzioni e lei li vedeva sempre così piccoli e indifesi...
Era vero, aveva messo i loro bisogni davanti a quelli di suo marito, ma pensava che lui capisse, che anche lui li vedesse come cuccioli bisognosi di cure e di affetto.
D'altro canto, anche lei si sentiva trascurata da Leonardo.
Il lavoro lo impegnava moltissimo, la sera tornava a casa sempre più tardi, non conosceva più domeniche e giorni festivi e non staccava dal lavoro praticamente mai. Quando Caterina cercava di farglielo notare, lui la accusava di non capire, di voler godere degli aspetti positivi della loro vita senza pagarne il prezzo. Se lavorava così tanto era solo per il bene della sua famiglia, lei lo sapeva, ma le faceva male vedere a quante cose rinunciava a causa della sua ambizione nel lavoro. Stava perdendo di vista i valori veri della vita, non godeva più delle piccole gioie quotidiane e si stava perdendo gli anni più belli della vita dei suoi figli. Quando tornava a casa era troppo stanco per giocare ancora con loro come faceva quando erano molto piccoli, era troppo nervoso per stare a sentire le loro piccole storie e piano piano li stava allontanando da lui. Non si comportava più come l'uomo che aveva conosciuto e di cui si era innamorata. Aveva deciso di mettere il suo lavoro davanti a tutto, ma avrebbe almeno dovuto avvisarla prima. Ora il suo matrimonio non era più quello che Caterina aveva immaginato e che desiderava.
Anche lei si stava allontanando. Aveva speso molte parole e molte lacrime per cercare di fargli capire il suo punto di vista e non aveva ottenuto nulla. Lo amava ancora ma lo sentiva distante, come se fosse stato eretto un muro tra di loro. Ad un certo punto della sua vita decise che non valeva più la pena di continuare a lottare. Non poteva continuare a soffrire per lui, a consumarsi nel ricordo di quello che avevano avuto, di come erano stati uniti e della complicità che altre coppie invidiavano loro.
Ora che i suoi ragazzi erano cresciuti e studiavano e lavoravano lontano da casa, Caterina sentiva che nella sua vita c'erano molti spazi vuoti. Restare a casa da sola le lasciava troppo tempo per pensare a cosa non le piacesse della sua vita e per immaginare come suo marito trascorresse il tempo fuori di casa. Non era stato sempre sincero con lei, lo sapeva, e temeva che potesse ancora cedere alle tentazioni e ripetere l'errore che aveva commesso in passato e che lei non era mai riuscita a perdonargli completamente.
Decise che doveva trovare qualcosa che riempisse le sue giornate. Non era più così giovane ed era rimasta lontana dal mondo del lavoro per troppi anni per sperare di riuscire a trovare un impiego come quello che aveva prima del matrimonio. D'altro canto non voleva iniziare un'attività in proprio per non aggiungere altre preoccupazioni a quelle che già avevano. In un assolato pomeriggio, passeggiando per il parco insieme ad un'amica, vide una ragazza che, armata di cavalletto e tavolozza, stava ritraendo un gruppo di bambini che giocavano. Si ricordò che quando andava a scuola le piaceva molto disegnare e dipingere e decise di cimentarsi di nuovo in questa attività. Pochi giorni dopo, acquistato tutto l'occorrente, si sedette in riva al laghetto per catturare sulla sua tela l'immagine serena dei cigni che nuotavano e dei bambini che gettavano briciole di pane alle anatre. Cominciò a dipingere spesso, a ritrarre luoghi e situazioni e volti della città in cui viveva.
Dipingere le dava quella sensazione di pace che non provava più da molto tempo. Osservare soddisfatta il suo lavoro la riempiva di orgoglio per quello che era riuscita a creare. Le parole di apprezzamento dei passanti, sconosciuti che si fermavano ad osservarla mentre lavorava, le diedero il coraggio di proporre le sue opere ad una piccola galleria d'arte del centro.
Fu lì che Leonardo scoprì il suo segreto. Si era fermato davanti alla vetrina per rispondere ad una chiamata sul cellulare e aveva notato i tratti delicati di un dipinto che ritraeva una famigliola. Raffigurava due bambini che giocavano su un tappeto sotto lo sguardo dei loro genitori, inginocchiati lì vicino. Riconobbe immediatamente i visi a lui così cari e i suoi occhi corsero alla firma dell'autore, "Caterina B.". Conosceva molto bene quella calligrafia, quella "C" rotonda e svolazzante. Chiuse bruscamente la telefonata ed entrò. Domandò alla gallerista notizie dell'autrice di quel quadro e lei gliela dipinse come una donna che si sentiva sola e che cercava nelle sue opere e nei suoi soggetti quella compagnia che a casa le mancava e che, stanca di aspettare un uomo che rincasava sempre troppo tardi, aveva scelto di riempire le sue giornate con l'arte.
Il telefono che squilla distoglie Caterina dai suoi pensieri. E' Leonardo. "Spero di non averti svegliata. Volevo solo dirti che ti amo. Ti prometto che non ti lascerò mai più da sola. Sei l'amore della mia vita". E' tutto ciò che Caterina vuole sentirgli dire. "Bentornato a casa, amore mio", pensa.
IVANA CHIECCHIO
pubblicato il 21.04.2010 [Testo]