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Uno scritto a caso

tre alberi
[poesia]
michele marra
24.06.2017

Anniversario

Venerdì 7 metà del primo capitolo.

Cristina Nocci guardò il cielo. Nei film quei momenti erano sempre circondati da temporali e nuvole quasi che il cielo stesso volesse unirsi nel cordoglio. Gli occhi quasi si ustionarono per il sole estivo di primo pomeriggio, una parte di lei se lo aspettava. Quello era il primo anniversario ,trecentosessantacinque giorni prima il suo mondo era imploso. Quel giorno il sole quasi spaccava le pietre mentre sotto i suoi raggi benevoli un tir sventrava la macchina di sua madre, con lei dentro. La luna era alta ad illuminare il parco dove i sedicenni alla fine del terzo anno stavano festeggiando la fine della scuola, una serata perfetta le era sembrata. Dal nulla mentre le stelle rimanevano chiare e perfette, il suo cellulare aveva squillato .Un uomo con la voce metallica gli aveva dato la notizia, i documenti di sua madre erano stati ritrovati nella sua macchina ,nei suoi jeans scoloriti e usurati, sul suo posto, nel al suo corpo. Ora, a un anno, il sole ancora rimaneva neutrale, disinteressato, nei giorni prima aveva piovuto, intorno a lei pozzanghere marroni competevano fra loro per mangiarsi parti maggiori del terreno. Eppure quel giorno tutto brillava, persino le pozzanghere sembravano allegre e in compagnia. Di contrasto con quella felicità la tomba di sua madre appariva una cosa spoglia, devastantemente anonima. Sua madre riposava sotto una lapide rettangolare grigia di cemento liscio .Poche banali parole di conforto scelte dalla suocera. Un piccolo vaso con fiori spenti, neppure troppo vecchi, ma spenti, come se fosse troppo dei fiori freschi per una lapide alta trenta centimetri in un cimitero anonimo . Nient'altro. Non aveva mai capito perché molti cercassero di dare sepolture elaborate ai morti, infondo a loro che interessava, ormai non erano lì. Non si dava una grande sepoltura per il morto, ma per ripulire la propria coscienza. Se andavi da un defunto in una grande cripta ne uscivi con il cuore più libero, perché in parte si espiava con il trapassato e si ricordava a se stessi che gli si era voluto bene. Cristina Nocci aveva trenta centimetri di cemento dove piangere sua madre. Si chinò, portava i tacchi alti, il suo vestito estivo migliore, gli orecchini di perla che gli aveva regalato sua nonna e un bel soprabito di marca, al polso il bracciale dell'amicizia di Luna. Voleva che sua madre la vedesse al meglio. Quasi sperasse che la potesse vedere brillare anche attraverso quei trenta centimetri di cemento. I fiori li aveva scelti Luna, lei conosceva il linguaggio dei fiori, l'aveva aiuta anche a scegliere il discorso da fare a sua madre, la sua migliore amica era brava in quel genere di cose, in effetti era brava in tutto. -Mamma sono io.-Esordì .Non sapeva se fosse la frase migliore, raramente capiva quale fosse la cosa migliore da fare nei momenti davvero importanti. A l'ora di pranzo nessuno intorno a loro rischiava di impantanarsi nel cimitero reso una palude. In tutto quel mare di lapidi più grandi di sua madre lei e Luna erano da sole. -Sono passati ...-Tentò di dire, ma la voce le cadde fuori dalla bocca ,non tornò indietro, fuggì via, come se non volesse più interpretare parole tristi per sua madre. I primi tempi andava sempre li, tutti i giorni quasi fosse necessario ricordare alla piccola lapide che non era stata dimenticata. In quei tempi solitari aveva parlato, aveva chiesto consiglio, aveva urlato per farsi ascoltare meglio, e pianto per chiedere conforto. Erano passati due mesi esatti dall'ultima visita. Il trasferimento le aveva impedito di continuare a stare li sempre. Ci tornava, ma non così spesso come avrebbe dovuto. Adesso assurdamente non riusciva bene a ricordare perché avesse dato così tanto di se stessa a una pietra. Sentì il senso di colpa superare anche l'ultimo muro di se e le gambe tremolare. Proprio quando stava per crollare sentì la mano di Luna sulla sua spalla. Luna non aveva mai capito gli anniversari, eppure era li ora, con lei li in quel posto che dava i brividi. Riusciva sempre a riportarla indietro da quei posti dove finiva la sua mente tutte le volte che ricordava gli eventi che le avevano portate a conoscere. -È passato ...-Riprese cercando di ritornare in se mentre tutto di lei si ancorava alla mano di Luna. -Un anno da quando ti ho persa, sono cambiate tante cose. Sai la nonna è buona con me, e ho un sacco di amici. Ho trovato un'amica unica come nei film. Ho anche un ragazzo, è perfetto. Spero che tu mi veda e sia fiera di me. Sto cercando di brillare. -Recitò cercando di non pensare alle parole che stava dicendo. Controllò le lacrime prima che scendessero .Non era il ricordo a farla piangere, per quello aveva pianto così tanto che non lo poteva più fare, come una parte del corpo che dopo essere stata martoriata per parecchio tempo diventa insensibile. A farle scendere le lacrime era la consapevolezza di star mentendo. In qualche modo Luna dietro di lei lo percepì erano fatte così loro due, connesse, fin dalla prima volta che si erano viste. Cristina posò i fiori portati al posto di quelli spenti. Dava un po' di soldi al custode per mettere un fiore una volta ogni tre giorni, ma all’uomo non interessava e il fiore ne risentiva in bellezza. Lasciò che i fiori cadessero sul vaso, non li mise in ordine, non avrebbe sopportato di sfiorare la fredda lapide di cemento che era sua madre . Si rialzò con l'aiuto di Luna, quei dannati stivaletti non erano di certo adatti a guadare la palude ridente che aveva preso il posto del cimitero. Lentamente le due ragazze uscirono dal labirinto di effigi, cripte, lapidi e tombe. Mentre usciva Cristina Nocci sentiva che stava tornando sempre più se stessa, lei non era una persona che piangeva o che si interessava al resto del mondo, aveva voluto bene a sua madre infinitamente, ma lei era morta doveva smettere di torturarsi così, lei non avrebbe voluto lei aveva sempre voluto che brillasse.


jo Viamonte pubblicato il 16.11.2013 [Testo]


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