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Uno scritto a caso

ABBIAMO VOLATO
[poesia] al di fuori dal mondo liberi
fausto colombo
07.03.2011

ll vecchio e il mare


E venne il giorno che il vecchio pescatore comprese di non avere più nulla da dire, capì che nessuno era più disposto ad ascoltarlo, e se ne dispiacque, ma cosa poteva farci...ormai i giovani lo guardavano con la stessa indifferenza con cui a volte osservavano uno scafo entrare in darsena prima d'essere demolito...qualcosa o qualcuno di cui non si sa nulla, ma che non serve più a nessuno.
Ci pensò su per qualche giorno e poi fece la sua scelta; raggiunse la piccola cala nelle cui tranquille acque custodiva la sua barca ancora profumata di vernice fresca.

Dispose tra le travature di fondo una grossa pietra affinché gli potesse ricordare la sua appartenenza alla terra, issò una bandiera fiammante sull'alto pennone e attese che la marea salisse...La luna, che aveva osservato tutti i suoi preparativi sorrise, e quella sera la marea salì con un po' d'anticipo...Il vecchio salpò senza senza salutare nessuno e senza rimpianti, in silenzio, portando con se tutti i ricordi e le sue tristezze.
La vela si riempì di un vento leggero, un vento amico...e quasi subito i suoi pensieri tornarono ai suoi ultimi anni...a quel maledetto giorno in cui il suoi unico figlio, Libero, scomparve in mare...seguito qualche anno più tardi dalla sua adorata Teresa.
Quei ricordi dolorosi gli parvero frivoli e inopportuni, lui non voleva ricordare, voleva andarsene in quella solitudine che è la sorte di tutti gli spiriti eminenti.
Egli avrebbe desiderato godere di quella solitudine che sanno offrire soltanto gli oceani e le alte vette delle montagne, quella solitudine che non amplifica la sofferenza, ma la rende pungente come il doveroso tributo per sentirti parte dell'infinito quando ci si accorge d'esser soli...soli senza rimpianti, ma certi d'aver fatto tutto il proprio dovere.
Nei primi giorni il mare finse di non accorgersi di lui, com'era sempre stato.
Passava lento con le sue onde verdi sotto lo scafo, tutto assorto nell'eterno pensare; e il vecchio, contento di quell'indifferenza che lasciava in ozio la sua fantasia, lentamente tornò a vivere i suoi istanti di vita.
Lui non desiderava altro che essere un marinaio occupato del timone e della vela, delle coperte per la notte e della razione d'acqua da bere; cioè le buone cose concrete, quelle che tengono vicino la vita e lontana la noia.
Si divertiva a dividere e numerare la barca in settori e passaggi come se fosse un minuscolo paese. Evitava con cura di lasciarsi distrarre, squadrava il suo legno assegnando un nome agli oggetti più insignificanti, i remi, i secchielli, le gomene...e quella pietra che sul fondo della barca era già fin troppo ingombrante.
Forse, pensò, avrebbe fatto bene se l'avesse gettata in acqua...
<< staremo a vedere più in la>> - si disse - << può sempre servire come zavorra >>.
Quello era il suo modo di tenersi legato ai ricordi, per ricordare chi fosse...e per non lasciare che gli stessi pensieri ambiziosi, che a volte disturbano gli uomini solitari, prevalessero sul suo cuore
Ma era perfettamente consapevole che così non sarebbe potuto durare.
Sapeva bene che anche senza nulla fare, restandosene calmo, alla fine il mare si sarebbe accorto di lui, di quell'omino sospeso sui suoi abissi profondi.
Ricordava ancora le parole di suo padre...gli aveva detto che il mare era stato vinto dalle grosse navi, e che i loro scafi taglienti come coltelli d'acciaio, sembrava volessero scuoiarlo.
Poi era cresciuto, acquistò una barca tutta sua e finalmente comprese...Falso! Il mare non sarebbe mai potuto essere domato...egli era il mare...e se avesse voluto, con un solo soffio di vento avrebbe potuto vendicarsi di chiunque lo avesse sfidato...anche di lui.
Il vecchio amava il mare, e vederlo calmo e così estraneo, si sentì incapace di odiarlo; anzi, sentiva sempre più moltiplicare in se la fiducia innocente che riponeva in lui.
Non a caso, non dimenticava mai di ringraziarlo per quel permettergli di navigare tranquillo, ordinato e rispettoso...e sapeva che a lui, il mare, tutto ciò piaceva, lo lusingava.
Il vecchio pensò che al mare poteva sembrare d'aver trovato un bambino, e allora provava a diventare affettuoso, cercava di renderselo amico con le sue maniere un po' rozze e impacciate.
E lui, il mare, a volte stava al gioco e lo chiamava con muggiti che volevano essere sommessi e che invece spaventavano l'animo di tutti i marinai.
Si adornava di spume tutto attorno alla barca, e questa iniziava a volare con l'aiuto di un vento amico, rallegrandosi dell'infantile felicità dell'uomo bambino.
A volte, inseguendolo a piccole ondate celesti, minacciava di capovolgere l'imbarcazione.
Il vecchio fingeva di non capire, ma rispettoso com'era d'ogni miracolo, e ben conscio della propria intelligenza limpida e riflessiva, ammetteva che il mare poteva essere per lui un compagno, e che perciò egli non sarebbe più stato solo.
La natura umana, pensava, forse non tollera la solitudine totale.
Senza volerselo confessare, il vecchio cominciava a guardare l'orizzonte marino con tenerezza, sfiorava l'acqua lasciandola scorrere a lungo tra le dita, rallentava il proprio respiro perché fosse uniforme col sollevarsi pacato delle onde.
La sera tardava a addormentarsi, attento che nell'incupire l'amico mare non prendesse maggiore confidenza, poiché allora egli avrebbe detto cose che alla luce del giorno non avrebbe mai osato.
Di notte il mare si lagnava, raccontandogli di come fosse stanco di quel suo eterno moto, dell'assurda fatica e del segreto che la creazione manteneva intorno alla propria esistenza.
In fondo anch'egli, il mare, era come il vecchio bambino, un solitario e a volte se ne disperava, dava in smanie, avrebbe voluto raggiungere il cielo, ma nel furore riusciva soltanto ad uccidere dei poveri uomini senza colpa.
E quando capiva che quel suo dolore faceva paura al vecchio bambino, allora taceva; oppure cercava di distrarsi raccontando le sue fiabe.
Le fiabe del vecchio mare erano sempre uguali, ma il vecchio bambino le ascoltava ogni volta con lo stesso piacere e la stessa ansia.
Erano storie di tramonti che ubriacavano il grande mare di vino rosso e dorato, per lasciarlo poi immalinconito fin che era del tutto caduta la notte.
Erano storie di lentissime albe, nelle quali l'amico mare attendeva impaziente che l'antico sole scacciasse il gelo e la nebbia, ma a volte, il sole non appariva, indifferente di quei suoi brividi e di quel suo spento colore di malato.
Il mare non gli parlava mai di naufragi, temendo di dover confessare i propri delitti, ma insisteva monotono sull'apparizione di vascelli fantasmi, come se quelle sopravvivenze, delle quali egli pure aveva terrore, fossero una prova della sua generosità.
Per divertire il suo protetto chiamava dalle grotte e dai bassifondi i polipi sognanti, le meduse, le orate, tutti i bizzarri e fragili giocattoli marini.
Il vecchio bambino ascoltava vincendo il sonno, e a volte doveva resistere ad una specie di delirio, sicuro che il mare lo avrebbe portato nel cuore stesso dei suoi regni fatati.
Ma poi un improvviso pudore vinceva il vecchio bambino appena s'accorgeva dei propri desideri.
Il mare, come tanti vecchi, non capiva quell'enorme castità di pensieri, neppure si rendeva conto che era stato lui ad ispirarli, ed anzi avrebbe voluto che il vecchio uscisse in qualche gioco, come a volte fanno i delfini e i gabbiani, o almeno come le ciurme delle navi.
La verginità di quel vecchio bambino non solo gli pareva assurda, ma era troppo grande per lui.
Il vecchio invece capiva che vivere in compagnia d'elevati pensieri è più arduo che affrontare la morte, e della propria audacia ringraziava il mare...il mare semplice e ignaro.
Non si capivano, perciò si amavano.
II vecchio imparò cose nuove.
Imparò a cantare a voce spiegata e lenta semplici parole senza significato alcuno. Imparò a comprendere il significato riposto nei gorghi e nei mulinelli dell'acqua, ad interpretare la storia di molte esistenze; e soprattutto a godere della felicità immensa del vivere senza renderne conto a nessuno...ad onorare il cielo e il mare come un padre e una madre.
La gioia più grande era l'accorgersi che quella totale libertà interiore, anziché lusingare i suoi istinti, lo rendeva più puro ed entusiasta di se stesso; e capì infine perché i profeti si ritiravano nel deserto a custodire intatta la loro santità.
Il mare era il suo immediato termine di confronto, ed egli provava un penoso sentimento d'indegnità a chiamarlo per nome, poiché era impossibile che in un così breve nome fosse raccolta l'esultanza della vita e della morte.
Capì anche l'enorme privilegio degli uomini di poter, con le parole, considerare in un istante l'universo.
L'universo...la parola gli pareva smisurata come la stessa creazione, forse ancora più abbagliante e misteriosa, e a volte, quando ne parlava al vecchio mare, questi s'innervosiva credendo d'essere messo da parte dal vecchio bambino, e allora impazziva in un gran furore. Le sue grida attorno alla barca erano angoscianti e dolorose, come se volessero, pur senza speranza, indicare al vecchio una via di scampo.
Egli non voleva infierire, non aveva nulla contro di lui...era stato un buon marinaio, rispettoso e fedele. Ma era questo il suo destino, non vi si poteva sottrarre.
E il vecchio, che ormai aveva fede nel suo compagno, capiva e non tremava. La voce del mare gli risaliva dal cuore come un presentimento di salvezza, ed egli si diceva che se anche fosse morto, il suo ultimo pensiero sarebbe stato di rimpianto per il generoso amico.
Alla fine, le sue lotte con il mare divennero azzardate e liete come quelle di un domatore con la belva domata e fedele.
Molto di più lo sfinivano le grandi calme, le sconfinate bonacce.
In quei momenti sembrava che il mare volesse trasformarsi in palude, come se improvvisamente si addormentasse e iniziasse a sognare nelle profondità dei suoi abissi.
In quei momenti il vecchio sentiva davvero d'essere solo, poiché non poteva sperare di trovare un segno d'amicizia nel cielo basso e bianco che feriva gli occhi col suo falso bagliore.
Perfino la barca gli appariva insopportabile, materia spenta e pesante da trascinare a forza di remi su un gran lago di pece...Allora si chiedeva se avrebbe saputo resistere alle tentazioni della solitudine; rannicchiato sul fondo, stretto alla pietra.
A volte desiderava tramutarsi in un mollusco nella propria conchiglia, inizio di vita del tutto ignara di sé.
Era la tentazione della pura animalità che cova in fondo ai cuori più saldi, ma che può far sopportare le pause vuote del tempo.
Eppure, il vecchio avvertiva il tempo che passava, e restare li ad aspettarlo passare, diventava più faticoso che non il lungo remare sull'acqua immota.
Un'altra tentazione lo prendeva allora.
Invocava la terra.
Esisteva in lui, più viva della realtà, una terra soleggiata, verde e compatta, sulla quale il passo dal suono echeggiante ne rivelava la primitiva felicità, quella terra su cui aveva camminato al fianco della sua Teresa e del piccolo Libero
Alti palmizi, fiumi echeggianti e limpidi, immense balconate; l'antica terra.
Non quella su cui piccoli uomini bugiardi si rallegravano con la loro ingannevole voce e dove doveva tollerare anche il colore maligno dei loro occhi.
Non quella su cui vedeva donne dalle braccia nude e i capelli sciolti sulle spalle, scoprire i tratti enigmatici dei loro corpi.
Ma quella su cui uno sguardo era una compagnia gradevole, il calore delle mani una felicità.
A volte incideva strane parole sul fondo della barca, si sforzava di evocare avvenimenti crudeli, ma infine umani; la presenza di una donna in una stanza buia gli pareva d'un certo interesse; purché vi fosse la presenza di calore o l'attesa d'un evento.
In quei momenti, in cui il mare dormiva il suo sonno infinito, egli sentiva che la sua compagnia immaginaria diventava sempre più impura, egli non poteva star solo e neppure il volo di un albatro, un'alga sull'acqua o un grido sapevano distrarlo.
Chiamava fortunati gli antichi che, navigando per chiusi mari popolati d'isole d'oro, incontravano sirene dalla magica voce.
Allora accadeva che, impietosito, il mare spingesse, sulle sue invisibili correnti, la barca del vecchio bambino verso qualche scoglio, e lui, il vecchio, restava tutta la notte disteso su quella roccia affiorante, sulla quale, cercando un poco di terrestre calore, si metteva in ascolto come per sorprendere una vita nascosta.
Ma lo scoglio era freddo e silenzioso, cosa morta, fuori del tempo, come colpito da una maledizione.
All'alba il vecchio ripartiva con accresciuta sofferenza, si sentiva finito, disposto a morire...finché non giungeva fresco e veloce il vento che, inseguito da onde esaltate, spingeva la barca in una allegra corsa, tra lo scricchiolio di tutte le giunture.
Il mare si era risvegliato e riprendendo il suo colloquio con vena scherzosa, si burlava del suo amico bambino per evitare che soccombesse ai neri pensieri.
Ed egli, il vecchio bambino, in piedi sulla sua barca, arrossendo della poca fede mostrata, gli rispondeva cantando.
Trascorse del tempo, sulla Terra il vecchio fu dimenticato.
Finché un giorno il vecchio non tornò a terra.
Sistemò la barca nella piccola cala e riprese a vivere quella vita che subito gli apparve come prima di partire...e allora la sua purezza svanì al primo contatto con la folla.
Gli uomini non erano cambiati, poiché ancora vestiti di nero si gloriavano della loro potenza, cercando di convincerlo a vergognarsi d'aver prestato ascolto alle lusinghe dell'mare, presenza inanimata, priva di senso e schiava dell'irragionevole vento; ed egli, per mostrarsi del tutto disilluso, stette con la gente d'ogni giorno seguendone le abitudini e perfino gli inganni.
Fu ingenuo e i suoi errori non gli vennero perdonati.
La gente fu felice di fargli scontare in qualche modo il suo passato amore per il mare, perché è scritto che tutto, in questo mondo, si deve pagare.
Dopo qualche tempo il vecchio si trovò più solo che mai.
Tutti era attenti a carpire i suoi più gelosi segreti, ma nessuno poteva amare un uomo che aveva ripudiato l'umanità, che aveva saputo star solo con il mare senza morire di tristezza.
Egli incuteva soggezione, lui che cercava le calde compagnie umane, ma nessuno gli faceva una confidenza o gli raccontava una pena, un desiderio.
E finalmente un giorno comprese cosa in realtà cercava.
Una sera tornò per l'ultima volta nel piccolo cimitero, lungo la strada raccolse dei fiori di campo, li sistemò sulla tomba che conteneva le spoglie della sua Teresa e su quella vuota del suo amato Libero.
Restò con loro l'intera notte, poi, poco prima che l'alba illuminasse il cielo e ancor prima che salisse la marea, tornò alla cala, armò di nuovo la barca e di nuovo salpò...
Rivide il vecchio mare e gli chiese perdono per averlo abbandonato.
Il mare lo accolse come un figlio e sulla terra non lo lasciò più tornare.

Sulla terra, dopo qualche tempo si disse...<< è andato in mare...e chissà, forse ha ritrovato il suo Libero >>


Legend pubblicato il 03.04.2006 [Testo]


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