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Uno scritto a caso

XII CAPITOLO
[scritto] Bambini di cioccolata
Vally Sabbà
24.05.2010

Ossimoro

"Una storia sognata immaginata,senza precisa collocazione geografica o periodo storico. Nessun antagonista,nessuno comparsa.

Solamente due diciottenni di campagna che trascorrono i pomeriggi tra filari e fossi,cercando inutilmente di divertirsi."

 

Giulio arrivò sul luogo dell'appuntamento perfettamente in orario,come sempre,spaccando il secondo.

Si sedette su un sasso a forma di cuore,diceva lui.

Ingannò l'attesa con un fil di ferro che si ritrovò tra i piedi cercando,in silenzio e con gli occhi stretti e chiusi in segno di concentrazione,di creare qualcosa di interessante come faceva sempre suo padre per guadagnarsi da vivere.

La sua creatività non arrivò a destinazione sui binari della fantasia quella volta.

"Pace" pensò.

L'attesa per Giulio diveniva sempre più insopportabile,e la scandivano le sue scarpe nuove di tela sbattendo in quattro quarti sul terriccio inconsistente bagnato dalle piogge dei giorni precedenti.

Il pigolio di certi volatili appostati sui fili della corrente elettrica sembrava dipingere un assolo fantasioso e barocco su quel ritmo incessante e cupo.

Giulio piano piano si alzò,senza comunque smettere quello sbattere in centoventi battiti per minuto precisi come le scienze.

Si diede un'occhiata attorno per atterrire ogni minima possibilità di un qualunque scherzo di Carlino.

"Non sarebbe la prima volta" disse mordendosi il labbro superiore con relativa forza.

Si risedette,stavolta cambiando sasso come per dire:

"non si sa mai,il destino..."

Quando un nembostrato dalle notevoli dimensioni oscurò per un attimo il sole gelido di un autunno che se ne stava piano piano andando,la precisione di quello sbattere per terra si perse un po' nei suoi pensieri;si lamentava delle scarpe nuove che gli stritolavano i piedi e soprattutto del fatto che la madre gli avesse buttato via quelle vecchie e rotte,foto e ricordi di un piccolo album che era la sua vita.

Si lamentava poi del punto di ritrovo che era troppo lontano da casa sue e troppo vicino da quella di Carlino. C'era da dire però che il filare del nonno del suo amico era un teatro fantastico per i loro divertimenti quotidiani.

"Anche l'occhio vuole la sua parte" si ricordò il modo di dire che sua nonna usava continuamente come se fosse l'unico conosciuto.

Ma soprattutto si lamentava di lei,sua nonna che gli permetteva solamente dalle due e mezzo alle tre di godersi un paio di buoni cartoni animati in televisione e perdendosi però un certo manga giapponese con relativa discussione in classe il giorno successiva dalla quale veniva spesso escluso.

"Se avessi una mamma..." disse guardando il cielo con aria di sfida.

Aspettava ormai da dieci minuti su quel sasso appuntito che gli graffiava le gambe lisce e bianche.

Le vene gli pulsavano come avvelenate,ogni tanto si alzava in punta dei piedi come se gli mancasse l'aria e cercasse,un po' più in su,qualcosa di più puro,limpido.

Da grandi.

Fruscio d'erba,di qualcosa tra l'erba.

Solo il vento.

Solo il vento accompagnava Carlino al filare del nonno,correndo,saltellando,evitando sassi e scavalcando fossi con disgustoso piacere.

Come un ossimoro a bruciapelo,inaspettato,sorprese il vento.

Caricando il lento divincolarsi tra gli ostacoli,di una patina bianca e poetica che Giulio colse a fondo fin dal primo momento in cui il suo sguardo,voltando il viso,lo intravide.

Finalmente arrivò,e giunto davanti a Giulio fece segno con la mano aperta e il braccio allungato di aspettare un attimo.

Appoggiò le sue mani sui pantaloni di velluto color senape e si chinò un po' su di se,per prendere aria.

Si guardava le scarpe motose e faceva segno a Giulio di osservare le foglie di platano che erano rimaste tra i capelli al ritardatario,e che fungevano da alibi,come se l'avesse deciso precedentemente.

Improvvisamente alzò lo sguardo fiero e teso,riaddirizzò la schiena e fece qualche passo deciso verso un masso robusto e bello e con uno sforzo notevole ci montò sopra accompagnando il salto con una smorfia da adulto.

Tastò i suoi pantaloni in cerca di qualcosa,e la trovò nella tasca posteriore destra insieme a due caramelle gelèe trovate nella borsa della madre.

Tirò fuori un foglio a quadretti spiegazzato e chiuso su sé stesso,lo scosse come per liberarlo dalle impurità e lo aprì con precisione chirurgica.

Si schiarì la voce battendo violentemente il polso sullo sterno per tre volte e tossendo per cinque.

Giulio se ne era stato fino a quel momento in nervoso ma interessato silenzio finanche azzardò una domanda:

"Ma cos..."

"shhhhhhhhhhh" fu prontamente interrotto da Carlino,che attese un momento,giusto per far finire una canzone ad un merlo che sembrava ci stesse mettendo anima e corpo nella sua opera.

Poi cominciò a leggere.

Ad alta voce,quasi urlando.

"Le cose di cui mi pentirò saranno tante,e tante ancora di cui ne andrò invece fiero,tanto coraggio,cinismo,bugie."

Fece una piccola pausa riprendendo fiato e tremò un po'.

Poi riprese e tutto d'un respiro si spalancò al mondo:

"Ho chiesto alla notte che questo foglio ci faccia stare insieme senza dubbi o incertezze. O almeno un attimo incontrarti giù per le scale ed essere ancora vivo grazie a te;e con te con la testa sulla luna insegnandoci l'amore e ascoltandoci come vecchi eroi ai vecchi e disattenti tempi come stanze senza porta. Infinitamente uniti ma quasi sempre infinitamente trafficanti silenziosi per chissà quale segreto unitamente detto e non saputo".

Singhiozzò un attimo,guardò quel nembostrato per rubargli un po' di coraggio e ricominciò:

"Questo è per te che mi vuoi bene,che lo hai anche per un turgido momento pensato,per me che ne vorrò in un momento futuro a questo fin troppo cinico presente.

Che Colui che regna non la prenda a male e possa perdonarmi i toni a volte blasfemi dati dall'ignoranza.

Ma parlo di ignavi con chiunque dicendo che sono da stimare.

L'orchestra suona ancora e io canto senza parole;lui morirà come noi,cercando di nascondersi un'altra volta. E verranno coperte le candele su qualsiasi bandiera,da pianti scolorita e da idee trafitta,che rappresenta i tuoi anni verdi.

Duecentosedici lune fa più una nacqui e queste inezie scritte nell'età degli amori sono solo una tappa essenziale e spoglia;non devi credere che l'anatra voli gioiosamente a sud quando arriva l'inverno".

Guardò Giulio,e lo vide serio,attento. Si strusciava le mani sui pantaloncini a velocità supersonica. Ogni tanto tirava su col naso,faceva un respiro più simile ad un boato,cominciò a capire.

Capì che la frase successiva sarebbe stata seguita da un interminabile silenzio. Ingoiò la saliva e rimase lì . Non voleva scappare,non ci pensò nemmeno un attimo,era il suo migliore amico.

Carlino.

Che scese giù dal masso a forma di cuore (solo in quel momento Giulio se ne accorse)atterrando morbidamente sul terreno friabile e scosso da pioggia e parole. Poi disse:

"E vedrei raggi nella mia anima chiusa a chiave qualora potessi essere d'aiuto come era d'idea mia;e il mio cuore"rallentando" e il tuo modellati dal mondo"rallentando ancora" lasciare un corpo troppo ostinatamente materiale"fermandosi.

Alzò lo sguardo dal foglio e puntò gli occhi di Giulio.

Piangeva.

Piangevano.

Poi Giulio disse:

"Ti amo" con una tranquillità che sarebbe invidiata da chiunque.

E lo diceva,come un bisturi che lentamente apre il ventre gonfio della ragazza incinta.

Sbatteva gli occhi,e chiudendoli lasciava cadere tormente,tempeste di passione e maree di felicità.


Leonardo Sanzò pubblicato il 03.02.2009 [Testo]


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