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Uno scritto a caso

Sistemi normativi ubriachi (1992)
[scritto]
vento
18.11.2008

IL SEGRETO

titolo provvisorio

                                                                           I° capitolo

 

 

Anche quest’estate, come molte altre, stava per finire, e anche questa come le altre l’aveva passata nel piccolo paese del sud, dove era nato. Gli piaceva tornare in quella piccola oasi di pace dove si sentiva tranquillo, riconciliato con se stesso, insomma dove ritrovava la sua dimensione, i suoi amici, la sua infanzia. Come ogni giorno tornava dal mare percorrendo la ripida salita che lo avrebbe riportato a casa, la casa che suo padre, con tanti sacrifici, aveva conservato e ristrutturato per permettergli di non scordare le sue radici. Decise di fare un giro per il paese per imprimerselo bene nella mente prima di partire e tornare nella caotica città dove viveva. Parcheggiò l’auto sul ciglio della strada e si avviò a piedi attraverso gli stretti vicoli al riparo dal sole di mezzogiorno. Sbucò in un cortile schiacciato tra due case e circondato da un basso muretto di mattoni, nel quale giocava un bambino di quattro o cinque anni con il suo triciclo nuovo fiammante. Improvvisamente chiuse gli occhi e senza preavviso si ritrovò bimbetto, non più di sei, sette anni, accovacciato a piedi nudi sopra il muretto. Aveva la faccia e i capelli sporchi di polvere, la magliettina a righe lisa e bagnata di sudore, le mani strette a pugno e gli occhi ridotti a due fessure che guardavano un ragazzino ben vestito che correva felice sul triciclo e ogni tanto lo guardava di sottecchi con aria strafottente come chi pensa – vedi che bello? È nuovo, nuovo me lo ha regalato il mio papà e tu non ci giocherai mai non ti permetterò di sfiorarlo neanche con un dito delle tue mani sporche. -

Allora sentì la rabbia che gli cresceva dentro, una rabbia accecante che gli riempiva gli occhi di lacrime e gli procurava un dolore sordo dentro al petto, si alzò di scatto e con un salto fu addosso al ragazzino, lo buttò a terra insieme al suo stupido triciclo e prima ancora di sentire le urla di dolore della sua vittima già correva a perdifiato in mezzo ai vicoli, tra le pietre che gli ferivano i piedi, senza pensare alle conseguenze che il suo atto di rabbia e di dolore gli avrebbe procurato. E sì che ce ne furono di conseguenze e anche molto amare, suo padre era un uomo duro, tutto d’un pezzo, non ammetteva sbagli ne ammetteva che i suoi figli fossero meno che educati e obbedienti – gli alberelli vanno raddrizzati da piccoli – soleva dire mentre si slacciava la cinta dei pantaloni.

Riaprì gli occhi di scatto. Aveva dimenticato quell’episodio doloroso, l’aveva rimosso dalla sua coscienza insieme a molti altri, e adesso sembravano affollarsi nella sua mente, come se improvvisamente, avesse scoperchiato una scatola straripante di ranocchi che, finalmente liberi, saltavano da una parte all’altra in cerca di una via d’uscita. La sua era stata una famiglia povera, ma dignitosa, come tante negli anni cinquanta, cinque figli da crescere,  un solo stipendio e per lui che era il quarto, mai un giocattolo o un vestito nuovo. Quando vedeva i figli del dottore del paese che, invece, avevano sempre nuovi giochi, non poteva fare a meno di invidiarli un po’. A lui sarebbe bastato anche poter solo divertirsi qualche volta con quei giocattoli, ma se solo si avvicinava veniva cacciato in malo modo – bastardo, vattenne!! – gli dicevano, cercando di mollargli qualche ceffone.

Perché, si chiedeva, perché lo trattavano così? In fondo era un bravo bambino, buono ed educato, cosa aveva che non andava? Sarebbe bastata una carezza, una parola gentile, in fondo non voleva altro che essere come quei bei bambini così puliti e profumati.

Un giorno, molto tempo dopo avrebbe capito.. oh si che avrebbe capito!!!! Avrebbe capito perché lo cacciavano, perché suo padre, spesso lo picchiava per ogni minima sciocchezza. Eppure, non riusciva, ancora oggi che era un uomo fatto e in fondo contento della sua vita, a capire cosa c’entrava lui in quella storia, non era colpa sua se era nato non lo aveva chiesto.

  


simonetta giovagnoni pubblicato il 19.07.2011 [Testo]


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