Registrati | Accedi

Autori

Ricerca

Autore:

Titolo:

Genere:


Uno scritto a caso

Anima di puttana
[scritto]
mony seed
24.10.2011

XII CAPITOLO

Bambini di cioccolata

Bambini di cioccolata

L'aereo che mi stava portando a S. Paolo aveva decollato da qualche ora ed io, seduta accanto al finestrino, riuscivo ad immaginare tra quelle bianche nubi di bambagia due fanciulle che giocavano tra la spuma del mare con le loro bambole.

Eravamo Lisa ed io, quando la vita per noi era un castello fatato, dove realtà e sogno si confondevano piacevolmente.

Reale era la nostra amicizia; diventare subito grandi per essere mamme era il nostro sogno.

Quel sogno, realizzato solo in parte, con molta sofferenza per entrambe, mi procurava malinconia, che sfumava all'avvicinarsi delle vacanze al mare, dove le nostre case erano confinanti.

Adesso però, dovevo rivolgere i miei pensieri ad Amyne, che mi voleva parlare.

Al telefono, la donna aveva tentato di spiegarmi il motivo della richiesta, ma tra singhiozzi, mezze frasi appena sussurrate, come avesse timore di farsi udire, avevo capito che la causa della sua angoscia era Elyane, la sua padrona.

Affinché non venissi colta impreparata, cercai di ricostruirne la storia.

Dopo essersi accertata della sua sterilità, Lisa aveva convinto il marito ad adottare Tanya, una bimba di "cioccolata", per il colore della pelle e la dolcezza del sorriso. Le minuscole trecce, poi, rivolte verso l'alto, fermate alle punte da nastrini di tanti colori, parevano la corolla di un delizioso fiore esotico.

La bimba aveva un fratello gemello che viveva presso una famiglia del Sud. Per quanto le due coppie di genitori adottivi avessero insistito, supplicato, brigato per ottenere entrambi i bambini, non ci erano riuscite.

"Leggi territoriali, burocratiche, questioni politiche", furono le spiegazioni dell'agenzia che trattava le adozioni. Tutti sapevano, invece, che le adozioni singole fruttavano di più. Era questione di danaro, dunque, e in nessun modo si poteva remare contro corrente.

Ogni anno, però, la villa Altomare, come per incanto, veniva animata da note di musica italiana e brasiliana.

Al di là della siepe, io mi sentivo contagiata da tanta allegria ed il mio sguardo cadeva sul fanciullo, anch'egli di cioccolata, dal tenero sguardo dei suoi grandi occhi scuri, rivolto alla fanciulla del suo stesso colore.

Le due famiglie, una del Centro, l'altra del Sud, divenute parenti per caso, avevano deciso d'incontrarsi, ogni volta che potevano, per rendere meno triste il distacco dei fratelli, arricchendo la vita di tutti in un contatto unico, davvero speciale.

Arrivati in Italia, i due bambini non ci misero molto ad amare i genitori adottivi, che li avevano accolti come figli del cuore, dimenticando subito che non lo erano stati della loro carne.

Sapevo qual era la loro madre, e ne conoscevo la storia, che mi aveva raccontata, a patto che ne custodissi il segreto, Mayra, sorella di Amyne, perché grazie a lei Lisa e suo marito avevano avuto in adozione la piccola Tanya

A sedici anni, Elyane era di un'esotica bellezza da incanto. Nata in uno dei quartieri più poveri di S. Paolo, aveva evitato il giro della prostituzione, grazie all'incontro con un impresario europeo, titolare di un'azienda poco distante dalla strada "de cariancas" (dei bambini). Fu vero miracolo che fosse il primo ad avvicinarsi a lei, il giorno in cui, affamata e disperata, aveva deciso di percorrere quella strada.

L'uomo, catturato dall'avvenenza della ragazza, dall'aspetto di cerbiatta sperduta, che contrastava con lo sguardo invitante, la fece salire nella sua auto e le usò violenta.

Quando si rese conto della sua verginità, preso da rimorso, non ebbe il coraggio di abbandonarla.

"Perché non me l'hai detto?", le chiese rabbuiato, con lo sguardo fisso alla guida.

"Avrei dovuto dirti, padrone, che la mia verginità non serviva ad acquietare i morsi della mia fame? Prima o poi sarebbe accaduto. Tu o un altro che importanza ha? Dammi il danaro che mi spetta e non pensarci ", rispose cercando di mostrarsi coraggiosa, con lo sguardo rivolto al finestrino per nascondere le lacrime.

Maurice le diede il suo fazzoletto, e per lenire i sensi di colpa, la condusse nella sua casa, poco arredata, giacché gli serviva come punto di appoggio, quando doveva recarsi a S. Paolo, per i suoi affari. Ma era bella e si affacciava al mare.

Entrando, Elyane si guardò intorno curiosa, ma quando l'uomo la introdusse nella camera da letto:
"Vuoi farlo di nuovo, padrone?", gli chiese spogliandosi dei pochi indumenti, mostrando il giovane corpo nudo, incredibilmente bello, da togliere il fiato.

"Rivestiti!", le ordinò Maurice, nel tentativo di nascondere il desiderio di possederla ancora.

"Puoi rimanere, se vuoi! A non farti mancare niente ci penserà Amyne", disse allontanandosi.

"Padrone, dov'è l'inganno?", lo fermò la giovane, con un mesto sorriso, al pensiero che, forse, il peggio doveva ancora venire.

"Non ti fidi di me?", le chiese.

"Tu eri in quella strada. Non dirmi, padrone, che la percorrevi per caso!". più che le parole erano i grandi occhi scuri a rimproverarlo.

"Io c'ero e c'eri anche tu. C'eravamo tutti e due, allora? Non vorrai addebitarmi tutte le colpe del mondo! Ti fidi o no? E non chiamarmi padrone: siamo nel ventesimo secolo, e la schiavitù è finita da un pezzo!", spazientito alzò la voce.

"Tu lo credi per davvero o fai finta di crederci? D'accordo, non ti chiamerò padrone, ma come faccio a fidarmi di te? Mia madre si fidò di uno della tua stessa razza ed è finita nella strada "de criancas"! Come faccio a fidarmi di te?", con voce accorata ripeteva le parole, affinché ne fosse del tutto chiaro il significato.

"Dunque, tuo padre era un bianco! I tratti del tuo volto avrebbero dovuto farmelo intuire. Ora comprendo le tue paure e conosco l'immondo commercio di giovani corpi, con il quale si arricchisce gente senza scrupoli, ma ti assicuro che io non ne faccio parte. E' vero, ho abusato di te, ma non conoscevo la tua età. Ti chiedo perdono! Domani parto per l'Europa; al mio ritorno, se mi vorrai nel tuo letto, sarò ben felice di entrarvi, perché mi piaci molto. Ti assicuro che so anche essere rispettoso e tenero. In cambio, però, pretendo la discrezione, perché ho moglie e figli, che amo moltissimo. Mia moglie è malata e non merita l'abbandono proprio adesso, e figli miei rimarranno soltanto quelli nati dal matrimonio. Se accetti di stare con me, vivrai nel benessere, accudita da Amyne, la mia fedele governante. In caso contrario, ti troverò un lavoro dignitoso, lontano da quella strada, ma dovrai andartene: saresti una tentazione troppo grande per me, che, ti assicuro, anche adesso fatico a gestire. Sei troppo bella, troppo sensuale, difficile starti vicino e non desiderarti, piccola donna di cioccolata!"

Sembrava l'offerta per una stipula di contratto con le postille da analizzare prima della convalida. Maurice era una persona pragmatica, abituata a concludere affari, che dovevano essere vantaggiosi per ambedue le parti.

Malgrado fosse molto giovane, Elyane apprezzò i chiarimenti dell'uomo, che le parvero crudi ma reali e onesti. Non poteva esserci amore tra di loro, che si conoscevano appena, solo il desiderio di lui per il suo corpo e la speranza di lei di vivere una vita il più normale possibile, magari con un po' di tenerezza.

Quando l'uomo tornò dall'Europa, lo accolse nel suo letto, come fosse la cosa più naturale del mondo, e non ci mise molto ad affezionarsi a lui, molto più vecchio di lei, ma giovane e appassionato tra le sue braccia.

Per molto tempo Elyane visse felice nella sua casa, che allestì allegra e piena di colori, e Maurice, ogni volta che tornava dai suoi viaggi, pareva contento di tuffarsi in un mondo del tutto diverso da quello che si lasciava alle spalle, troppo signorile, troppo austero. Ma il dono più grande della piccola donna di cioccolata era il suo grembo, quando ve lo accoglieva, gioiosa.

"E' per il colore della mia pelle che mi chiami così ?", gli chiese una volta, dopo aver fatto all'amore.

"Per il colore e perché sei dolce come la cioccolata, ed io che sono goloso, ho intenzione di mangiarti tutta!", le rispose mordicchiandola.

Elyane scoppiò a ridere, ma non si sottrasse alle carezze del suo uomo, e di nuovo fecero all'amore.

Durante i lunghi viaggi di Maurice, a tenerle compagnia c'era Amyne, la fedele governante e c'era il mare che ristorava il suo corpo lucido e vellutato, e c'erano i suoi sogni. Fra questi, un bimbo che avesse il suo stesso colore della pelle e gli occhi grigi del padre, anche se Maurice non le aveva mai detto che l'amava, proibendole, addirittura, di rimanere incinta.

Entrambi, però, non avevano fatto i conti con la passione che li travolgeva e l'inesperienza di lei, nel calcolare i giorni della fertilità.

E quando Elyane si accorse di essere incinta, era troppo tardi per porvi rimedio. Per fortuna Maurice sarebbe rimasto in Europa più del solito, accanto alla moglie, dopo un ulteriore intervento chirurgico, e lei, dunque, avrebbe avuto tutto il tempo di gestire la cosa.

Al telefono, l'uomo era sempre molto affettuoso, e spesso Elyane fu sul punto di rivelargli il suo "errore", prendendo il discorso alla larga, come catturata dall'improvviso desiderio di maternità.

"Non farti venire strane idee. Sei piccola; goditi la tua giovinezza e non crearmi altri problemi, ché ne ho già tanti, in questo periodo!", perentorio la bloccava.

Elyane portò avanti la gravidanza, assistita da Amyne, che, al momento del parto, prematuro e inatteso, , la condusse nel capanno, lontano da occhi ed orecchi indiscreti, per aiutarla a mettere al mondo non uno, ma due bimbi di cioccolata, un maschio e una femmina.

Il parto si rivelò difficile e complicato, lasciando Elyane prostrata, priva di conoscenza, ed Amyne ebbe l'occasione di mettere in pratica un' idea, maturata da tempo: liberare la sua padrona da responsabilità più grandi di lei.

Si allontanò dal capanno con i due bambini per consegnarli all'Agenzia, a patto che entrambi fossero consegnati alla famiglia Altomare, presso la quale lavorava la sorella Mayra.

Soltanto in seguito venne a conoscenza che i fratellini erano stati separati. Inutile e pericoloso protestare; preferì tacere, dunque, e portarsi il rimorso fino all'ultimo dei suoi giorni, sicura di aver compiuto un atto d'amore, nei confronti della sua padrona.

Al ritorno, meditava su ciò che avrebbe detto ad Elyane.

"Non ce l'ha fatta. Era una creatura troppo fragile. E' tornata tra gli angeli. Non ti disperare, piccola mia! Il destino ha voluto così ", sarebbero state le sue menzogne, riferendosi ad un solo bimbo.

Elyane avrebbe pianto, l'avrebbe rimproverata perché non glielo aveva fatto vedere, ma col tempo ogni cosa sarebbe tornata al suo posto.

Al capanno, invece, la giovane era in un mare di sangue per il sopraggiungere di un'improvvisa emorragia. La donna cercò di porvi rimedio, ma quando si accorse che non si riprendeva, ebbe il buon senso di chiamare l'ambulanza. All'ospedale, Elyane fu sottoposta ad un intervento che le salvò la vita, ma che la rese per sempre sterile.

Amyne, intanto, si districava nel rispondere alle domande di prassi per chiarire come la giovane donna fosse arrivata in quelle condizioni.

Ancora menzogne, che, all'apparenza furono credute, giacché in quell'ospedale così male attrezzato ogni risposta era buona. L'unica esigenza, far presto e liberare il letto, che sarebbe servito ad altre povere creature nelle stesse condizioni di Elyane, se non peggiori.

In altro luogo, magari in una delle cliniche di lusso, che ospitavano i privilegiati e alcuni dei più famosi luminari del mondo, forse non sarebbe stata sottoposta all'isterectomia con la totale perdita della sua fertilità.

Ma per Amyne, in quel momento, importante era tornare a casa con la sua padrona. Al resto ci avrebbe pensato dopo.

Elyane non superò mai il trauma della perdita del suo bambino e della sua fertilità. L'istinto materno, che sin da piccola le aveva permesso di prendersi cura dei fratellini, non poteva di colpo svanire.

Mentre la madre era al lavoro, la fanciulla, attenta e premurosa, la sostituiva in tutto e per tutto, mostrandosi molto matura, malgrado la giovanissima età.

Seppe quale fosse il vero lavoro della madre quando la polizia le comunicò, senza preamboli e senza alcun riguardo, che l'avevano trovata morta sulla spiaggia, massacrata di botte. Le indagini furono frettolose e superficiali: gli omicidi di quel genere, dove il confine tra ricchezza e povertà era segnato da un baratro dall'imperscrutabile fondo, erano ricorrenti. Del resto, a chi poteva interessare la fine di una giovane donna, che per non vendere le sue creature aveva preferito vendere il suo corpo?

Premurosi, invece, si mostrarono coloro che, coperti dal titolo di assistenti sociali, prelevarono i fratellini per le adozioni. Elyane comprese che per lei, ancora tanto giovane, eppure sotto alcuni aspetti già grande, il destino sarebbe stato diverso. Lo comprese subito dagli sguardi di uno di loro, quando le disse che sarebbe tornato a prenderla l'indomani.

Dopo aver pianto l'intera notte nel silenzio della sua povera casa, ormai vuota, all'alba Elyane si allontanò con le sue poche cose, alla ricerca di un qualsiasi lavoro, purché dignitoso. Peregrinò nelle campagne, nelle spiagge dei ricchi, in città, ma la risposta era sempre un diniego; la proposta, sempre la stessa, e, se quel giorno non avesse incontrato Maurice, anche lei si sarebbe persa nella strada "de criancas".

In principio, provava per lui riconoscenza e ammirazione, perché era generoso, intelligente, istruito e la trattava come una del suo rango. Molto presto, però, riconoscenza e ammirazione si tramutarono in vero amore, e non le importava di essere per lui uno svago, una compagna di letto durante i suoi soggiorni in Brasile, che, purtroppo, si stavano facendo sempre più rari e brevi.

Il pensiero che un giorno Maurice, stanco di viaggiare, rientrasse definitivamente in famiglia, dandole il ben servito, l'angosciava. Il danaro non le sarebbe mancato, giacché l'uomo aveva aperto un conto in banca a suo nome e le aveva donato la casa. Le sarebbero mancate le sue carezze, l'imperioso comando di spogliarsi e stendersi accanto a lui, per i soliti giochi d'amore. Di imperioso era solo il tono, perché, al contrario, sapeva essere tenero e appassionato.

Ma dopo il parto, per molto tempo, un velo di malinconia modificò i tratti del volto di Elyane, mentre i suoi occhi, scuri e profondi, erano perduti in un sogno che non si sarebbe mai più realizzato.

Per fortuna, l'uomo rimase in Europa per molti mesi ed Amyne riuscì a curare la depressione della sua padrona con infusi di erbe, le cui proprietà terapeutiche aveva imparato a conoscere, sin da bambina, osservando la nonna materna, mentre li preparava.

La nonna di Amyne era una guaritrice.

Dunque, tutto pareva essere come prima.

Trascorse il tempo e quando l'uomo rimase vedovo, confidò ad Elyane che aveva in mente di affidare l'azienda francese ai figli; lui si sarebbe occupato di quella di S. Paolo.

Un giorno, dopo aver fatto all'amore, mentre indugiava con teneri baci sul collo e sui capelli della giovane, la stupì dicendo:

"Credo sia arrivato il momento di fermarmi. Ora che la madre dei miei figli non c'è più, questa casa sarà la mia dimora".

Rimase un po' in silenzio, come per un addio al passato, ed Elyane rispettò quel silenzio, senza poter fare a meno di pensare, tuttavia, al suo futuro. Aveva avuto pazienza; aveva rispettato i patti; aveva vissuto all'ombra; aveva sognato una famiglia, ora, Maurice, finalmente, sarebbe stato tutto suo!

"Nella mia vita ho commesso tanti errori, specialmente con mia moglie. Ed ora, al pensiero di non trovarla più ad attendermi, devota e premurosa nella nostra casa di Parigi, provo un grande dolore. Da anni era ammalata, tuttavia la sua morte è stata improvvisa, e, ponendo fine alla sua e alla mia sofferenza, mi ha regalato la libertà, scegliendo per tutti, senza darmi il tempo di dirle che, malgrado le mie trasgressioni, lei è stata la donna più importante della mia vita."

"Ed io?", infastidita dalle ultime parole, Elyane si divincolò dall'abbraccio.

"Si può sapere chi e cosa sono io per te? Il tuo giocattolo preferito per i momenti della noia? Sai, non ho ancora capito il mio ruolo in questa casa: cameriera, governante, custode delle sue mura? Dimmelo, una volta per tutte, e mi metterò l'anima in pace! Devi convenire che te lo sto chiedendo soltanto ora che lei è morta, ché l'ho sempre rispettata. Se i tuoi sentimenti per me sono poco più che per un'amica, capace di diventare una "puta", per soddisfare i tuoi bisogni, ebbene, io non ci sto! Preferisco fare la "pura" sulla strada de "criancas". Non mi hai comprata perché io faccia quel mestiere in esclusiva! Me ne vado!", gli urlò, alzandosi dal letto.

"Tu non vai da nessuna parte! Tu sei mia! Tu mi appartieni, non l'hai ancora capito?", anche lui urlò, tirandola dai lunghi capelli. Ma il suo sguardo era tenero, allorché le prese il volto tra le mani, per baciarla sulla fronte, sugli occhi, sulle labbra.

Quando la giovane, ormai priva di volontà, stava per cedere, si staccò da lei, perché prima doveva chiarire alcune cose.

"Elyane, possibile che dopo tutto questo tempo ancora non mi conosci? E perché dici di non sapere quale ruolo tu hai in questa casa e nel mio cuore? E' vero, non ti ho mai detto che ti amo, ma pensavo che non ce ne fosse bisogno. Mi sono innamorato di te sin dal primo giorno, e da allora non ho avuto altre donne, a parte mia moglie, con la quale, tuttavia, per il suo stato di salute, non avevo più rapporti intimi. L'ho tradita, e lei, pur sapendolo, non si è mai ribellata, perché mi amava. Santo cielo, come si fa a dimenticare trent'anni di vita trascorsi insieme? Quando è morta, una parte di me se n'è andata con lei. Potrei non dirtelo, potrei fingere che non sia così , ma a che serve? Io voglio per noi un futuro pulito, senza menzogne, per un rapporto stabile, definitivo. E per chiudere un discorso, che non si dovrà riaprire mai più, ti dico: ho amato molto mia moglie e non la dimenticherò mai. Ora amo te e con te desidero trascorrere quel che mi resta della mia vita. Per questo, ti sposerò".

Elyane stordita, immensamente felice, non sapeva se ridere o piangere.

"Calmati chery, io ti ho manifestato i miei sentimenti, ora tocca a te. Dimmi, sono troppo vecchio? Sei disposta a sopportare il mio brutto carattere? Tornando a S. Paolo mi è venuta l'idea che sarebbe bello avere un figlio nostro. Tu che ne dici?"

Ad Elyane parve di morire.

Voleva un figlio da lei quando in passato glielo aveva negato? Voleva un figlio da lei ora che non era più in grado di darglielo? La gioia per l'inaspettata dichiarazione d'amore svanì , per cedere il posto alla collera. Sciogliendosi dall'abbraccio, riuscì a sfuggirgli e corse in spiaggia per inginocchiarsi sulla riva e rivolgere il suo dolore al mare.

Maurice, non cercò di fermarla, sicuro che tale comportamento fosse dovuto a gelosia nei confronti della moglie. Con le donne, forse, alcune verità andavano taciute. Esternarle, come aveva fatto lui, significava mettere a nudo la parte più vulnerabile di sé. Aveva sbagliato anche con Elyane, la sua piccola donna di cioccolata, di cui non poteva fare più a meno.

Confidò i suoi dubbi ad Amyne, che rimase perplessa per l' improvviso desiderio di un figlio.

La donna aveva compromesso la sua libertà, dannato la sua anima nel "vendere" i due bambini per niente? L'aveva fatto a fin di bene, rifiutando persino, il compenso che le spettava, consegnando i piccoli all'Agenzia, ma ora si rendeva conto di aver commesso un terribile sbaglio. Avrebbe dovuto, invece, infondere coraggio ad Elyane nell'affrontare Maurice affinché si assumesse le sue responsabilità; in caso contrario, aiutarla a sopravvivere.

"Padrone, la tua piccola donna ti vuole bene e non credo ti lascerebbe mai, se è questo che ti preoccupa, purtroppo è addolorata perché non può darti quel figlio che ha sempre desiderato e che ora desideri anche tu. Anni fa, rimase incinta, ma perse il bambino. Il parto andò male anche per lei, che ebbe un'emorragia. Io fui costretta ad affidarla a persone incompetenti, che l'hanno resa per sempre sterile. Padrone, non mi guardare come fossi l'unica colpevole in questa storia! Non ti dissi niente perché lei me lo proibì . Un tempo Elyane era solo uno svago per te!", gli spiegò, senza abbassare lo sguardo della sfida.

"Come osi rivolgerti a me con questo tono? E smettila di chiamarmi padrone! Non l'hai mai fatto! Parlami, invece, dei tuoi sotterfugi, perché ti conosco troppo bene e sono sicuro che la colpa è soltanto tua,! Elyane me ne avrebbe parlato!"

"E invece, no! Aveva una tremenda paura, quando si accorse di essere incinta. Paura di te, padrone! Paura di essere abbandonata per aver trasgredito alle tue leggi! Per lei io non sono una serva, ma una seconda madre, perché nel momento più drammatico della sua vita c'ero io e nessun altro, padrone! C'ero io a raccoglierla tra le mie braccia, debole, disperata, senza più voglia di vivere. Dov'eri tu, padrone? Cosa avresti detto se al tuo ritorno non avessi trovato il tuo bel giocattolo? Quel giocattolo si era rotto; io ne ho raccolto i cocci; l'ho aggiustato per te. Ma quel giocattolo, padrone, è fornito di un cuore, una mente, un'anima, che alla fine si sono ribellati..."

Amyne non la finiva più di parlare, calcando sulla parola "padrone", per fargli intendere che sapeva quali erano i confini tra lui, il signore, e lei, la serva, che per una volta aveva avuto l'ardire di esternare i propri sentimenti, con semplicità, tuttavia, con linguaggio che soltanto uno sciocco non avrebbe compreso. Poi, con voce più pacata, tornò alla confidenza:

"Scusami, Maurice, per me siete entrambi come due figli, e anch'io sto soffrendo per quanto è accaduto, ma dobbiamo accettare i disegni del destino. Se l'ami, come tu dici, e io l'ho sempre saputo, va' da lei; prendila tra le braccia; faglielo sentire! Vedrai, ogni cosa si aggiusterà, ne sono sicura!"

Amyne, invece, non era sicura per niente, e quando seppe che ero arrivata in città, mi diede appuntamento in una piccola cala, poco lontana dalla loro casa.

Stavo guardando il mare e le sue onde, che, alte e spumeggianti si frangevano a riva, e ne ammiravo la bellezza, che tuttavia incuteva paura, quando me la ritrovai accanto. Stanca e smarrita,senza un saluto, né una parola, mi fissava, come fossi uno specchio, su cui ritrovarsi. Ormai, ero abituata alle stranezze delle persone che si affidavano a me, e con pazienza attesi che mi dicesse qualcosa.

"Sanna, devi aiutarmi! Scusami, non ti ho neppure salutata né ringraziata per essere accorsa al mio richiamo. Se mi voltassi le spalle, non potrei darti torto", si riprese.

"Non ti volterò le spalle. Parla, dunque!"

"Ho commesso un grave errore, e non so come porvi rimedio. Mayra te ne ha parlato?"

"Sì , è una storia davvero triste e complicata"

"Pensi che io debba confessare la mia infamia ad Elyane e a Maurice? Non m'importa se sarò cacciata, persino uccisa, purché la mia tardiva rivelazione non sia causa di altre sofferenze. Ti prego, Sanna, aiutami a chiarire le mie idee!"

In un flash risentii le note che si spandevano nel giardino della villa accanto alla mia. Erano di una musica che arrivava al cuore, insieme alle risate, ai giochi di due fanciulli del colore della cioccolata, e dei genitori adottivi, mentre parlavano del loro futuro.

Svelare adesso il terribile segreto avrebbe procurato alle tre famiglie, ma soprattutto ai due fanciulli, un terremoto di sofferenze.

"Comprendo il tuo dramma, i tuoi sensi di colpa e il grande dolore di Elyane, ma io non posso che indicarti due strade da seguire.

La prima è quella del silenzio, considerando che i due fanciulli non vi appartengono più, giacché il diritto di sangue è ben poca cosa in confronto a quello dell'amore.

In questo caso, non potrai liberati dei tuoi sensi di colpa, che saranno la tua punizione per sempre.

La seconda è svelare il segreto ai tuoi padroni, che faranno di tutto per riavere i loro bambini. In questo caso non vorrei essere nei tuoi panni quando dovrai raccontare ad Elyane la storia completa dei particolari che le hai taciuto. Davvero, non vorrei essere nei tuoi panni! Non posso dirti altro, perché solo tu dovrai decidere come hai fatto sin dall'inizio, del resto!", mi fermai, convinta di essermi espressa nel più chiaro dei modi.

Amyne taceva sorpresa; non si aspettava da me tanta durezza e così poca comprensione.

Si allontanò in silenzio; non mi aveva salutata all'inizio e non lo fece alla fine.

E pensare a quante ore di volo mi ero sottoposta per lei!

Tuttavia, non pretendevo la sua riconoscenza, non quella dichiarata, comunque, perché Amyne, facendomi partecipe del suo errore, avrebbe trovato il modo per porvi rimedio. Eppure, nei giorni che seguirono s'impossessò di me un'insolita inquietudine, che non sapevo che fosse....

 

(continua)

 


Vally Sabbà pubblicato il 24.05.2010 [Testo]


  questo scritto ha 2 preferenze


Commenti dei lettori
Per lasciare un commento Registrati | Accedi