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Uno scritto a caso

'A SBORGNA
[poesia] Poesia in moriconese 1983 Da quale originale l'ho "tradotta"?
Pierluigi Camilli
11.01.2008

La Poltrona

Comprata al mercatino dell’usato a 15 €. Legno massiccio, coi cuscini dove si siede lunghi quasi 1 metro, più o meno eh; e lo schienale alto poco più di 50 cm. L’altezza dove siedo è a circa 50 cm da terra.  Il che la rende ottima per la lettura. I piedi non penzolano in giù, ma si poggiano formando un angolo di 90 gradi perfetto con le ginocchia. Quando l’ho vista li, me la immaginai subito in camera mia. Mi immaginai quanto fosse comoda. Mi vidi gia con “Storie di ordinaria follia” tra le mani , poggiato delicatamente con al testa sullo schienale, a leggere un'altra avventura di quel vecchio zozzone.

          ”Mmmm e quanto sarebbe bello leggerci sopra,”  pensai.

           Stavo cercando con gli occhi l’etichetta col prezzo

          “eccola li!” esclamai.   

            Esaltato dal basso costo, sapevo già che quella poltrona sarebbe venuta a casa con me.

            Inizialmente c’era scritto 20 €, ma poi la signora addetta alle vendite confesso che costa di meno. 5 € in meno. Caspita che sincerità a gratis! Giusto giusto un pacchetto di sigarette,

            “Il prezzo iniziale era di 60 €, sai ?”

            “ Ma davvero? E come mai ora costa solo 15 €?” chiesi delucidazioni.

               Sai com’è, delle volte magari se si rompe qualcosa, la vendono a di meno, e dopo quando torni, per fartela cambiare, ti dicono che non ti danno i soldi indietro. Nono, mica quei bastardi, hanno tutto  un sistema. Ti danno qualcos’altro dallo stesso valore, riprendendosi indietro la cosa rotta. Cosi loro hanno comunque venduto; Altro che soddisfatto o rimborsato, più che rimborsato, hai speso comunque dei soldi la; e soddisfatto con la forza.

                Ma non era il caso della mia poltrona comunque, l’avevo vista, bene, studiata – s’intende - ; queste cose accadono con le cose elettroniche, di solito, quelle che per vedere se funzionano, bisogna che te le porti a casa, che le analizzi per bene. Accenderle, sbocchinarci un po’. Quindi consiglio mio: non comprate mai roba elettronica in un mercatino dell’usato.

                Non è che vi andrà sempre male, anzi si trovano anche cose carine , per esempio avevo comprato sempre nello stesso mercatino un mixer analogico, tanti anni fa. E ha funzionato, poi pero l’ho buttato via, essendo tecnologia superata. Era gia vecchio quando lo comprai, figuriamoci dopo quasi un anno di utilizzo.

                Ma delle volte meglio evitare di complicarsi la vita. Io scelgo sempre la fiera dell’elettronica.

                Ma la risposta della signora fu estremamente convincente:

                “Perché è qui in negozio da 60 giorni, e ogni mese, il prezzo si dimezza, cosi abbiamo più probabilità di venderla. Poi dato che   probabilmente se non la portavano da noi la buttavano nella mondezza, va da dio a tutti l’accordo.”

                  Insomma, se me l’avesse detto anche per un mixer analogico, magari rotto, ci cascavo in pieno.

                   Comunque è vero, la gente butta via tante di quelle cose, mi ricordo che, una tv che avevo in camera mia tanti anni fa, mi padre l’aveva trovata vicino al bidone d’immondizia. E fece il suo lavoro per un bel paio d’anni, più o meno; Poi Arrivò la tecnologia degli schermi piatti, e allora lo buttammo, anche noi. Non che non avevamo i soldi per comprarcene una nuova, ma una ce l’avevamo già , alla secondo ci ho attaccato solo l’xbox, cosi ci giocavo quando mi pareva, pure mentre i miei guardavano la loro di tv, “nuova”.              

                “Ma com’è possibile che una poltrona cosi bella ed elegante, in materiale cosi solido e buono, stia li ferma 2 mesi?” mi chiesi, mentre la signora serviva una settantenne che stavano comprando un paio di scarpe a tacco alto. Diobò a settant’anni , si rispetta la signora.“Vabbè che è un pò ammaccata, pensai , un po’ graffiata sul poggia gomito, ma non era un buon motivo , secondo me.

                     Poi, ho pensato alla bellezza e a quanto sia soggettiva , e mi sono detto “ Ma magari è bella solo ai miei di occhi, e a tutti gli altri che l’hanno vista, appariva come una merda, come un enorme stronzo, che non volevano manco guardare, figuriamoci sedersi sopra. Io si. A me quello stronzo piaceva.

                 60 giorni in un mercatino cosi trafficato come quello nella zona industriale della mia città, pieno di vecchi che vogliono acquistare cose vecchie – pensai fra me e me, forse facendomi scappare qualche occhiata come di disprezzo. Ma non perché odio i vecchi e le cose vecchie. E’ solamente perché mi trovavo in un posto pieno di vecchi e cose vecchie. L’antiquariato è noioso, roba da signori. Ma qualche volta trovo qualche bel libro da leggere a buon mercato, o delle cianfrusaglie che mi attizzano. Quindi ci vado volentieri.

            “Meglio cosi no ?” risposi.

              Cosi mi prendo un lucky morbido con il resto dai 20, e mi rimangono pure 50 cent per una partita a calcino. Pagai, andai di fuori e chiamai mio padre.

               “Pronto” dissi io.

                “Pronto” disse pure lui.

               “ Pà, ho bisogno che vieni con la macchina al mercatino dell’usato , quello dopo il semaforo, per andare verso l’Eurospin.” Non feci in tempo a spiegarli cosa avevo “combinato” , come dice sempre lui, che mi fa, con voce calma e decisa, come era il suo solito fare:

                “ C’è scritto taxi sulla mia macchina per caso ?”

                  “Dai pà, che ho bisogno che mi porti una poltrona a casa. Ho comprato una poltrona, per leggerci sopra, devi vederla! E’ spettacolare!” chiusi la frase con un esulto.

                 “ Dai, portala di fuori e aspettami che 10 minuti arrivo.”
                 “ Ok , grazie pà!”  Riagganciai.

               In stato di esaltazione totale, presi la poltrona, con la mano destra afferrai il di dietro e con la sinistra il davanti, in modo da prenderla per il largo, facendo molta attenzione, a non ammaccarla – di più, s’intende – la portai fuori e mi sedetti sopra e aspettai mio padre che arrivasse a prendermi. Mi accesi una Lucky , pensando a quanto saranno belle d’ora in poi le mie ore di lettura.

               Feci un tiro. Buttai fuori il fumo a cerchi , giocandoci , come mi piace fare quando sono pensieroso. Ora in testa avevo solo mio babbo che a momenti doveva essere qui a prendere me, e la mia poltrona “nuova”.

              “eccolo” – pensai – “no, non è lui”. Si ripete  la situazione altre due o tre volte, intanto che io facevo i cerchi di fumo seduto sul mio stronzo, immaginandomelo, nella posizione perfetta, in camera mia.

             Poi finalmente, “eccolo” – esclamai a bassa voce, fra me e me- . Intanto la sigaretta era benché finita ormai da quasi 5 minuti, il che vuol dire che è arrivato giusto in tempo, come aveva detto, 10 minuti precisi.  Puntuale, come  sempre.

              “Ei, buon giorno Luca”  - mi fa con aria suscettibile, guardando il mio nuovo acquisto -  “E questa dove cazzo la metti ?”

              Eccolo. E’ arrivato, l’uomo che fa tutto calcolato, matematicamente, sistematicamente. Mai d’istinto, come se la vita fosse un problema e la cui soluzione, per lui, non può essere altro che matematica. Io invece sono sempre andato più d’istinto, certo tenendo in calcolo pure il rischio, ma guardando le cose da un punto di vista particolare: Il Mio.                                                                  

               “Guarda che in camera tua mica c’è posto per metterla” – continuo  interrogandomi con gli occhi –  “devi pensarci bene prima di fare acquisti alla cazzo , come al solito, soltanto perché “ti piace” , che poi abbandonerai pure quella in un angolo e la lascerai marcire come tutte le cose che ti sei comprato, un mucchio di stronzate , e mica di quelle da 4 soldi “

                Sapevo benissimo a cosa si riferiva:

                A tutti gli strumenti di musica che ho , in cui ho speso un sacco di soldi, e che lui dice che non suono mai. Certo, il sax lo sto lasciando marcire sopra l’armadio, ma con i miei polmoni da fumatore ci faccio poco o niente, anche se qualche cosina so suonarci. La tastiera la uso tanto, sto imparando a suonarla. Poi la korg, la pedaliera,  la chitarra,  dimenticata anch’essa tra l’armadio e il muro. La macchinetta per fare i tatuaggi , pagati uno stipendio quando l’ho comprata, che poi ho usato pochissimo, per modo di dire, l’ho usata tanto, in poco tempo, poi l’ho lasciata sotto la scrivania, in una valigetta color acciaio ma fatta di legno, scrausa, pure un po’ rotto, ma che contiene una passione mia.Che ora sto riprendendo, ordinate tutte le cose che mi mancavano, i colori, e tutto. Quella ritornera a vivere, molto presto.

                 

 Ma intanto non avevo voglia di discutere, di sabato mattina, appena uscito da lavoro, con lui permaloso perché probabilmente l’avevo svegliato dal letto o l’ho fatto alzare dalla sua poltroncina con le rotelle, quella da scrivania – s’intende -  dove abitua a  giocare ai suoi videogiochi di guerra.Si , lui gioca un sacco , nel tempo libro, al computer, al suo personal pc sborone: e sinceramente lo è, potente! E i giochi glieli scarico io, e glieli passo. Lui invece se gli compra sempre, ma quelli non all’altezza del potente. Insomma, ha una grafica HD che si vede meglio della play 3, che non è poco, e lui si compra i giochi quelli merdosi, ma perché sono in offerta, tipo a 5-10 €. Cosi si ritrova sempre a giocare con dei ormai passati, su un potente ultra tecnologico, presente, che potrebbe dare molto di più, di quello per cui viene sfruttato. Ma come nel caso mio, anche lui si è tolto uno sfizio.                

           

                “ Allora, intanto lo spazio c’è:  la voglio mettere in diagonale che parte dal inizio del letto, dove poggio la testa s’intende, un pò verso il comodino –chiamalo poi comodino, era un pezzo d’armadio attaccato al letto ( e il letto sopra ha un armadio che lo segue per tutta la sua lunghezza), che la mattina per prendere il telefono e spegnere la sveglia mi tocca fare il contorsionista-  ma lui continuava a dire “E poi come ci apri i cassetti del comodino ?”

        Ma io in quei cassetti ci tenevo le mutande e i calzini messi in ordine, meticolosamente, da mia mamma, che però di solito mette talmente in ordine le cose che poi non le trova più manco lei, figuratevi io. Valle a spiegare poi che la mia stanza non era disordinata, no . Io in quel casino, le mie cose me le trovavo sempre. Ma ogni volta che lei faceva le pulizie in casa, sparivano come per magia, e come per miracolo ricomparivano da qualche altra parte, in qualche cassetto , nell’armadio. Dappertutto, tranne dove l’avevo lasciato io. E poi vai e digli di non toccare più le mie cose, che poi nell’ordine, mi perdo. Gia fatto Ma lei comunque continua a rifarlo, quindi io ho smesso di dirglielo. -                                  

         “E ce la mettiamo un pelino più avanti, cosi si aprono i cassetti.” – dissi io, un po scocciato –

          “Va bene. Ma secondo me non ci sta bene.”

La caricammo in macchina, in due sta volta, facendo attenzione più che altro a non ammaccare la macchina che alla poltrona.

           Il viaggio verso casa duro esattamente 4 minuti. Usciti dal parcheggio che faceva parte della zona industriale, svoltò a sinistra, semaforo davanti: verde, quindi via libera, girò a destra, scendemmo nel sottopassaggio, poi la salita.

           Mio padre diede la precedenza a un ragazzo in bici. Lo salutai, riconobbi quella faccia. Pedalava lui, il ganzo sulla sua bella bici blu marino, con la sigaretta fra le labbra. Mi fece un cenno di saluto con la mano; quel povero disgraziato stava per cadere dalla bici, sbattendo sul marciapiede con la ruota. Si mise a ridere pure lui, quel idiota,  intanto che badava a guidare la bici.

            Non mi ricordo manco il suo nome,  non so neanche se l’ho mai saputo, a dire il vero. Ma poi, con tutta la gente di cui non me ne frega un emerito cazzo, in giro per la mia città, uno in più o uno in meno che non sapevo come si chiamava, non cambiava assolutamente nulla.

          Cosi ripartimmo , svolta a sinistra, poi rotonda, prima uscita a destra e dopo 300 metri 

       “Siamo arrivati” dissi io, con un filo di voce.

          Non vedevo l’ora di vederla al suo posto, in camera mia, laddove lui diceva che non ci sarebbe stata.

          Invece ci stette alla perfezione, proprio dove me la immaginai io mentre mi fumavo quella sigaretta, in attesa che arrivasse mio padre.


Daniel.S pubblicato il 26.03.2013 [Testo]


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