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Uno scritto a caso

..riflessioni sotto alchool..
[poesia]
tommaso ciofi
05.06.2007

IL SACRO GRAAL

'

Negli ultimi vent'anni avevo fatto il mio bravo tirocinio e ormai tele, dipinti e affreschi non avevano più alcun segreto per me.
Ero rientrato a Roma da poco meno di una settimana, dopo un lungo tour in America del Nord, quando, pronto ad uscire di casa con l'intenzione di trascorrere una giornata sul litorale di Fregene, squillò il telefono.
Un'impressione sconosciuta, ma contraria al mio umore, m'incalzò ad andare a rispondere leggermente infastidito.
La voce che udii alla cornetta era inequivocabilmente quella di Bianconi.
<< Ehi sfaccendato, ti andrebbe di fare due passi fino al negozio? Devo mostrarti qualcosa d'interessante. >>
Si trattava di Bianconi, ottimo amico e splendida persona, che sebbene avesse la pessima abitudine di definirsi "soltanto un mercante d'arte", in realtà era uomo di una spiccata sensibilità artistica.
<< Adesso? Cristo santo, è domenica. Non potremmo vederci domani? Oggi avevo una mezza idea di andare al mare >> risposi già sapendo che avrebbe saputo convincermi a cambiare programma.
<< Preferirei che venissi ora >>
<< Di cosa si tratta? Puoi dirmelo? >> chiesi
<< Vorrei che tu dessi un'occhiata ad un quadro che ho acquistato l'estate scorsa in Moldavia
<< In Moldavia? >> replicai sorpreso << Cosa diavolo sei andato a fare in Moldavia? Avevi intenzione di visitare il castello del conte Dracula? >>
<< In Transilvania Leo, quel castello è in Transilvania. Dai vieni, vedrai qualcosa di veramente interessante >>
<< Va bene, tra poco sono da te >> risposi ormai convinto che avrei speso bene il mio tempo
Bianconi, oltre che ad essere un profondo conoscitore dell'arte pittorica in generale, era soprattutto un fortunato scopritore di vecchie opere di un certo pregio

Uscii e subito dovetti meravigliarmi per il traffico presente in città. Erano le prime ore di una splendida domenica, ma quel via vai di automobili mi fece saltare i nervi.
<< Accidenti a voi e a tutte le automobili di questo mondo >> borbottai sprofondando nell'antro più profondo della mia tasca la chiave dell'auto
<< Vado a piedi >> mi dissi
Indiscutibilmente contribuii a mantenere pulita l'aria della città, però impiegai oltre un'ora per raggiungere il negozio di Bianconi e questo, al contrario, non contribuì a migliorare lo stato del mio umore
Mentre mi accingevo a varcare la soglia del negozio, per poco non fui travolto dal rabbino Prudom che ne stava uscendo scuro in volto.
Ebbi l'impressione che non mi avesse neppure visto. Aveva i lineamenti del volto così tirati che mi parvero scolpiti nella pietra, tra l'altro si muoveva con passo furente e precipitoso.
Conoscevo Prudom da parecchi anni e mi era sempre sembrata una persona capace di arrabbiature tremende, ma mai l'avevo visto in preda di una collera cosi cieca.
All'interno del negozio regnava la calma e nulla recava traccia del passaggio dell'ira.
<< Come va Roberto, anche di domenica ti fa lavorare l'aguzzino? >> domandai in tono scherzoso al giovane commesso
Lui mi sorrise, si strinse nelle spalle, ma non rispose.
<< Il boss è di la? >> chiesi
Sorrise ancora e con un cenno del capo annuì indicando il retrobottega
Bianconi mi attendeva.
<< Oh, Leo, >> mi apostrofò lasciandomi entrare << sei stato gentile a venire subito. Hai visto Prudom? >>
<< Si, ma lui non ha certo visto me. Per poco non mi travolgeva >>
<< Ti prego di scusarlo, è stata colpa mia, quando è uscito era veramente sconvolto. Vieni! Ho qualcosa di molto interessante da mostrarti. >>

L'amico Bianconi era uno spirito inquieto, gravato da un corpo sgraziato. Mi fece strada, caracollando con la sua ondulante andatura non troppo agile, lungo l'interminabile corridoio che conduceva a quella parte di magazzino dove era solito riporre i quadri di maggior pregio.
Varcammo la soglia ed egli girò l'interruttore illuminando una stanza di una severità monastica, poi si voltò per osservare come avrei reagito.
Ero poco oltre la soglia, ma per merito dell'originale illuminazione, la grande tela appesa alla parete di fondo, mi dette l'impressione d'essere come sospesa nel vuoto.
<< Che stregoneria è questa? >> chiesi
<< Nessuna stregoneria ti assicuro, è soltanto questione di luci >>

A prima vista risultò, alla mia esperienza, trattarsi d'un dipinto con diversi anni sulle spalle, tra l'altro notai subito che probabilmente non doveva essere stato ripulito da almeno due secoli.
Lungo i bordi di una cornice quasi del tutto sverniciata, si notavano tracce scure di polvere incrostata dall'umidità, ma a prescindere da quei piccoli peccati veniali da addebitare all'età avanzata, nel suo insieme l'opera dava l'impressione d'essere stata ben conservata.
Tutto ciò fu il frutto di un commento mentale, tanto rapido da scomparire nel volgere di un attimo, poiché inaspettatamente, osservando la scena dipinta nel quadro, pur essendo del tutto consapevole di trovarmi in quella stanza, ebbi la sensazione di non esserne più parte, ma di ritrovarmi all'interno del quadro, nel cortile del palazzo di Ponzio Pilato, circa duemila anni addietro.

Di fronte a me c'era la figura del Cristo flagellato, che nonostante se ne stesse ritto in piedi, mostrava chiaramente di non essere nel suo migliore equilibrio fisico.
Nei gesti che la figura di Pilato ostentava, era riconoscibile la pantomima di chi si era da poco lavato le mani. I soldati romani, invece, stavano facendo attraversare a Gesù il cortile dove, di li a poco, avrebbero gravato le sue spalle con la croce sulla quale sarebbe dovuto morire.
La mia prima impressione fu che qualcosa non andasse nel verso giusto; in altre parole ebbi il sospetto che quei soldati mostrassero d'esseri più interessati a tenere a bada la numerosa e rumorosa folla di uomini, donne e ragazzi che urlavano il loro odio contro quell'uomo che, stremato nel fisico dalle percosse alle quali era stato sottoposto, tentava di mantenersi ritto sulle gambe al centro del cerchio della soldataglia romana, che a difendere quel corpo martoriato.

In realtà ero cosciente di non sapere cosa stessi osservando, però vidi ed udii distintamente quella gente gridare, sputare e lanciare sassi verso i soldati romani che la respingevano all'indietro.
La figura di uno sfarzoso soldato in primo piano, sembrava tenere lontana la folla, oltre che con il suo aspetto risolutamente marziale, con lo scudo che aveva al braccio sinistro.
Gesù Cristo, con la veste bianca imbrattata del suo sangue, stava a gambe divaricate e si teneva ritto con evidente sforzo.
Sul corpo recava i segni delle percosse, aveva sangue nei capelli e il sangue che gli scorreva dalla fronte macchiava perfino le labbra tumefatte e piene di tagli.
Il mio sguardo si fissò su di lui provando un dolore così vivo che un'improvvisa furia mi ruggì nel petto, poi improvvisamente egli sollevò il capo e mi osservò per un solo istante con occhi di ghiaccio, quindi piegò di nuovo il busto in avanti come se cercasse d'evitare il contatto della schiena piagata con la veste.

Ero frastornato, confuso e mi mancava l'aria.
Poco alla volta mi ripresi e tirai un gran sospiro, ricordando a me stesso che ciò che avevo davanti era solo un dipinto e che la sua potente carica di realtà era quasi certamente dovuta ad una qualche percezione illusoria o al sapiente gioco di luci messe in scena da Bianconi.
<< Stupendo! >> esclamai sinceramente eccitato << Davvero sorprendente questa tecnica pittorica. Chi è l'autore? >>
La voce di Bianconi vibrò d'impazienza.
<< Cos'hai notato di anormale in questo dipinto? >>
<< Non saprei dirti, ma a prescindere dall'azione in se stessa, l'autore è stato capace di farmi sentire fisicamente presente all'interno della scena >>
<< L'artista mio caro non c'entra nulla. Il suo nome è un segreto morto con lui, ma di certo non doveva essere uno dei grandi maestri. >>
<< Impossibile. L'uomo che lo ha dipinto non poteva essere semplicemente uno sconosciuto. >>

Mi accorsi che stavo guardando il quadro con altri occhi, non più partecipe del dramma umano raffigurato, ma solo curioso di scoprire come quel miracolo d'illusione potesse essere stato trasferito sulla tela.
<< Allora, cosa mi sai dire? >> chiese ancora Bianconi alle mie spalle
<< Cosa vuoi che ti dica, è splendido. Pieno Rinascimento, se avessi tempo è potessi studiarlo con maggiore attenzione, non mi meraviglierei se scoprissi la sua origine attorno al 1500 o 1600 >>
<< Cosa te lo fa pensare? >>
<< Il fatto che a prima vista abbia richiamato alla mia mente il Tintoretto. Chi altri, se non lui, avrebbe osato piazzare così prepotentemente in primo piano una figura secondaria come quel soldato che tiene a bada la folla?
<< Bene, osserva ancora i particolari >> lo udii sussurrare alle mie spalle.

Tornai ad osservare il quadro.
Ora la folla inferocita formava un semicerchio in basso sulla sinistra del dipinto, a cui faceva da contrappeso, in alto sulla destra, una scura nuvolaglia che sovrastava una collina bassa e il balcone di Pilato.
La figura solitaria del Cristo spiccava nel centro della diagonale.
Dalla luminosità che si rifletteva sulla scena, potevano essere le prime ore del mattino dopo una notte di pioggia, giacché sulle sconnesse lastre di pietra del cortile, era ancora possibile notare alcune pozzanghere su cui s'infrangevano i primi raggi chiari del sole.
Il chiarore che illuminava la scena, che proveniva dalle spalle di chi osservava il quadro, sfiorava la folla di quel tanto da rivelarla, ma concentrava la massima brillantezza in un unico punto, la figura del Cristo.
<< Guarda attentamente quella gente, osserva i loro volti >> m'incalzò Bianconi

L'attitudine al disegno mi aveva insegnato come non fosse possibile afferrare tutti i particolari di un dipinto di grandi dimensioni alla prima occhiata, ma di dover procedere, dalla visione d'assieme ai particolari, utilizzando il mio personale temperamento.
Non ero ancora pronto ad osservare la folla, ma data l'insistenza di Bianconi, vi concentrai la mia attenzione.
Immediatamente riconobbi tra di loro stati emotivi particolari; alcune di quelle persone mostravano d'essere semplicemente agitate, mentre altre sembravano essere mosse da un odio furioso ed urlavano imprecando, lanciando sassi e sputi.

Tornai con la memoria alle tecniche comunemente in uso presso agli artisti del Rinascimento, valutando discutibile la consuetudine di ritrarre i loro contemporanei sempre in Terra Santa o in Egitto, ossia, in luoghi assolutamente sconosciuti alla maggior parte degli uomini.
Quel pittore invece, pur non discostandosi dai canoni comuni dell'ortodossia, aveva saputo trasmettere a quella scena indiscutibilmente drammatica, lo stesso stupore e la rabbia di chi si trova ad osservare, oggi, in una qualsiasi via dei nostri giorni, un atto di violenza.
Mi venne il dubbio che potesse essere un italiano, e dirò di più, mi sembrò di riconoscerne la tecnica osservando i tipi che aveva ritratto.
Di solito gli artisti della scuola del Tiziano, dove il Tintoretto aveva costituito gli elementi della sua cultura, erano dei buoni ritrattisti, infatti, se si osservano attentamente i loro lavori, le scene di gruppo risultavano sempre composte da individui ben definiti.
Scrupolosamente mi misi a studiare la folla, che in realtà era composta da meno persone di quanto sembrasse a prima vista. Poi, inaspettatamente mi vidi tra quella gente.

Ero nella terza fila di quelli che venivano ricacciati indietro dal romano con lo scudo proteso, ed ero nella posizione di chi ha fatto un passo indietro per chinarsi a cercare qualcosa da scagliare, infatti le mie dita stringevano una pietra di forma irregolare.
Dal ghigno che si poteva leggere sulle mie labbra, sembrava chiaramente che stessi borbottando qualcosa.

Ricordo d'essermi chiesto
<< Dio santo, questa non è una semplice rassomiglianza, è il mio ritratto! >>
<< Ti sei riconosciuto in quel dipinto? >> sussurrò Bianconi
<< Cristo! >> borbottai inconsciamente << Lo stato d'animo che l'autore del dipinto ha impresso su quel volto mi è familiare, ma per natura so di non essere portato alla violenza, né ho l'abitudine di imbarcarmi in gruppi di scalmanati, eppure, quella che ha dipinto sulla tela è indubbiamente la mia faccia.
In quell'istante mi assalì un'emozione fuggevole ma sconcertante. Provai un improvviso e urgente bisogno di allungare la mano, di afferrare, di distruggere.
Mi voltai verso Bianconi.
<< Mi hai chiamato per mostrarmi il mio ritratto o per farmi vedere il quadro? >>
Bianconi era tutt'altro che a suo agio.
<< L'uomo in cui ti sei riconosciuto e il quadro sono inscindibili. Su quella tela c'è ben più che semplici colori e vernici. >>
Volsi di nuovo gli occhi alla tela, ma ormai ne avevo una visione distorta, vedevo solo quell'unica vile figura.

Accanto a me c'era un ragazzo, anche lui intento a cercare un sasso, che allungava una mano con un gesto più spontaneo del mio, meno meschino e crudele. Però quel ragazzo m'irritava, il fatto che imitasse il mio gesto mi faceva sentire ancor più colpevole di un atto infantile.
<< Questo non è un falso grossolano >> sentenziai << Mi rifiuto di credere che sia stato fatto da un artista contemporaneo che abbia messo dentro anche me per burla. >>
<< Questo quadro ha gli anni che dimostra, è del sedicesimo secolo. Ti assicuro che non c'è ombra di burla in questa storia. >>

Bianconi aveva assunto un atteggiamento insolitamente solenne e teneva gli occhi fissi sulla tela. Il suo volto, di solito colorito, in quel frangente aveva assunto un pallore impressionante.
<< Non capisco proprio, >> azzardai << qualcuno potrebbe pensare ad un caso di reincarnazione, ma non credo che quell'uomo possa essere io, ci separano intere umanità. Su quel volto c'è marchiato l'odio... >>
<< Hai mai pensato che se fosse possibile vivere più d'una vita, probabilmente potremmo non essere gli stessi pur mantenendo le sembianze del nostro volto o del corpo? Cambiando epoca potremmo mutare proprio come cambiano i costumi e l'ambiente, io ad esempio potrei non essere stato un ebreo ma un romano >>

Il leggero bussare alla porta annunciò l'arrivo di qualcun altro. Bianconi aprì e sull'uscio apparve la sagoma di Paolo Salemi.
Paolo ed io ci salutammo con la semplice spontaneità delle persone che si vedono spesso. Paolo era un buon cristiano, uomo di statura morale imponente, ma leggermente al di sotto della media riguardo lo statura fisica, comunque dall'aspetto distinto, con un paio di baffetti cacio e pepe, folte sopracciglia grigie e penetranti occhi castani.
Inoltre, era da tutti noi considerato un osservatore acuto. Letteratura e musica erano il suo forte, ma ciò nonostante lo avevo incontrato spesso nelle gallerie d'arte.

<< Questo quadro dev'essere davvero speciale, considerata la fretta che mi hai fatto >> esordi. << Oh perbacco! Un'opera del Rinascimento. Stupendo! >>
Paolo inforcò gli occhiali curvandosi leggermente in avanti, e dopo qualche istante iniziò a scuotere il capo
<< Ragazzi! E' di una vivacità stupefacente. Par di star lì a guardare. >>
La voce gli si mozzò in gola, sollevò la schiena, si tolse gli occhiali e s'avvicinò al quadro di un paio di passi, poi restò come inebetito.
Quando si voltò, aveva la faccia stravolta.
<< Avreste dovuto prepararmi. Non è stato simpatico vedermi in una parte non certo conforme a ciò che ho sempre mostrato d'essere! Caro Bianconi hai davvero rischiato grosso. Guardando questo dipinto ho improvvisamente provato l'impulso di distruggerlo >>
<< Perché >> chiese Bianconi
<< Non lo so >> rispose Paolo sedendo su una delle sedie poste davanti al quadro, ed io ebbi l'impressione che con quell'atto volesse esprimere un profondo smarrimento.

Era terribile assistere al crollo improvviso di quell'uomo sempre molto composto. Si capiva che si era riconosciuto nel quadro come era accaduto a me, ma per lui quella scoperta doveva essere stata una prova molto più dura della mia.
<< Mi dispiace, Paolo >> si scusò Bianconi.

Passai lentamente in rivista i volti della folla, ma non riuscii a trovarne uno che somigliasse a Paolo, eppure lui si era scoperto in quella massa, ma chissà dove.
Mi resi conto, seppure in modo confuso, che ci trovavamo di fronte a qualcosa che poteva diventare esageratamente mostruoso.
<< Stai bene Paolo? >> chiesi all'amico
<< Si >> rispose lui annuendo << ma com'è possibile che l'autore del quadro abbia utilizzato il mio volto per dipingerci sopra l'espressione massima della malignità >>
Nuovamente bussarono alla porta. Guardai i miei amici. Paolo era bianco in faccia e fissava la tela senza rendersi conto che non era l'unico a far parte della scena che aveva davanti.
Bianconi era esitante, gli occhi fissi sulla porta come di colui che è dilaniato da opposti sentimenti. Poi scosse violentemente le spalle come se rabbrividisse in un improvviso risveglio, e andò ad aprire.

Don Giuseppe fece il suo ingresso spiegando di aver ritardato per il traffico. Era sulla cinquantina, di media statura, faccia rotonda, occhi penetranti e una corona di capelli grigi intorno ad una chiazza calva che andava allargandosi.
Paolo si alzò, mentre io e don Giuseppe ci stringevamo la mano, mostrando d'aver prontamente riconquistato il dominio delle proprie emozioni. Ci mettemmo a chiacchierare per qualche minuto come persone che hanno interessi in comune e si vedono spesso.
Don Giuseppe si staccò da noi con un gesto della mano.
<< Scusate ancora il ritardo, ma ora mi sento nella parte di quel tale che arrivò in ritardo al ricevimento >> disse marcando le parole con un sorriso << ed ora deve mettersi alla pari con gli altri. >><< Allora cos'abbiamo qui... Uhm, un nuovo quadro. Un'altra delle tue scoperte Bianconi? >>

Si avviò verso il centro della stanza e io osservai la sua faccia, cercando di vedere il quadro con lui, attraverso i suoi occhi, e preparandomi in cuor mio all'inevitabile scena.
Don Giuseppe affrontò il quadro più o meno come me, vedendolo anzitutto come opera d'arte prima di concedersi di passare al contenuto, ma attraversò rapidamente quello stadio. La figura del Cristo captò e trattenne la sua attenzione.
Come sacerdote e intenditore d'arte gli era noto ogni particolare della scena che aveva davanti, ma non restò impassibile davanti a quella figura affranta e martoriata.
Il viso gli si contrasse con un sussulto impercettibile, e quello fu il suo tributo all'artista. Quindi passò alla folla, sostando a contemplare il romano, poi si protese, quasi lanciato in avanti, nel momento in cui scopriva sé stesso.
Ovviamente soltanto lui poteva vedersi nel dipinto, per gli altri, don Giuseppe non vi era raffigurato.

Avevo già cercato il suo viso nel quadro sicuro di non trovarcelo, ma altrettanto sicuro che lui ci si sarebbe trovato.

II sacerdote fece uscire il fiato con uno sbuffo di rabbia. Poi andò in fondo alla stanza, evidentemente cercando di riacquistare il controllo di se prima di azzardarsi a dire una parola.
<< Bianconi >> sbottò infine, << non posso credere che tu consideri divertente il cattivo gusto del restauratore che mi ha ritratto in questo quadro, né che tu mi abbia invitato a vederlo alla presenza dei miei amici >>
Bianconi era desolato. Il suo largo viso andava coprendosi di sudore.
<< Quel quadro non è mai stato restaurato >> annunciò sommessamente. << E' un'opera autentica del sedicesimo secolo. >>

Don Giuseppe lo guardò bellicoso per un attimo, poi si girò verso il quadro con il suo caratteristico slancio
<< Non è stato restaurato? >> mormorò << Ma certo, naturalmente, lo avevo capito, però mi resta difficile comprendere e trovare una spiegazione al fatto d'aver scoperto il mio volto in quella folla urlante. Mi dispiace >> si scusò. << Sono stato un po' precipitoso. Però la rassomiglianza è sbalorditiva. >>
<< C'è anche il tuo ritratto li dentro? >> domandò Paolo, incredulo. << Dov'è? Io non lo vedo. >>
Don Giuseppe lo guardò, sospettoso.
<< Come sarebbe a dire "anche il tuo"? >>

Studiai di nuovo la folla del dipinto cercando di vederla con gli occhi degli altri, ignorando la figura furtiva che rappresentava me stesso.
C'erano cinque romani, il soldato dall'altro lato della folla, a sinistra di chi guardava, era offuscato da un deposito nerastro e in parte graffiato, le persone che si trovavano dal suo lato erano in ombra ma sufficientemente distinguibili. Nella parte centrale i volti di tre donne e di cinque uomini erano ben definiti, ma il soldato romano che faceva loro fronte era solo una testa sotto l'elmo.
In primo piano i visi della gente del popolo erano ben visibili. I loro corpi massicci erano come sbilanciati dalla poderosa spinta di quel giovane soldato che usava lo scudo a mo d'ariete.
In quella figura c'era tutta Roma. Il volto del soldato era brutale. Aveva un dovere da compiere e lo eseguiva senza esitazioni, ne riguardi.

<< Quello sono io, quel mascalzone con la veste scarlatta. Non potete non vederlo! >>
La voce di Paolo mi sembrò provenire da un altro mondo, tanto ero assorto.
Don Giuseppe ci mise un po' a rispondere.
<< Io non vedo nessuna somiglianza >> dichiarò. << Assolutamente nessuna. >>
<< Né io riesco a trovare nessuno che ti somigli lontanamente. >>
<< Davvero? Allora guarda meglio, osserva quella miserabile creatura che sputa addosso al suo Signore e Redentore! >>
Seguii il dito teso di don Giuseppe, e dovetti ammettere in lui il diritto ad un moto di disgusto ancor più profondo del mio, semplicemente come uomo, lasciando da parte il sacerdote seppure ciò fosse stato possibile.
La figura che indicava era davvero spregevole. Un essere curvo, in vesti rozze e sudice, che era sgusciato dietro le spalle del soldato per sputare contro la figura solitaria del Cristo.
<< Quello che sputa >> ripetè don Giuseppe. << ha il mio volto >>
Improvvisamente mi venne di domandarmi perché sputare dovesse essere un'azione più spregevole che imprecare, chiedere la testa di un uomo, raccogliere un sasso per lanciarlo contro di lui o levare i pugni, ma a quanto pareva, per il buon don Giuseppe era così .

Paolo, pensai, aveva avuto una sorte migliore della nostra. L'uomo nella veste scarlatta era un personaggio importante, probabilmente un fariseo. Il suo viso era stravolto dall'odio e si vedeva che gridava ingiurie, ma non s'era abbassato a raccogliere pietre, ne sputava.
Poi, improvvisamente, lo vidi con gli occhi di Paolo.
Quell'uomo, quel degno notabile si era invece terribilmente degradato, perché dimentico d'ogni dignità e ragione era diventato tutt'uno con quella folla di linciatori, ululando come un animale.
<< Nemmeno io posso dirmi fiero. >> confessai svelando agli amici la figura in cui mi ero riconosciuto.
La voce di Bianconi, calma e controllata, ci richiamò all'ordine.
<< A quanto pare, dovremmo discutere d'una cosa estremamente seria, quindi propongo di farlo più comodamente possibile. >>
Ci sedemmo, ma la nostra comodità fu relativa, poiché ciascuno di noi avvertiva in se la bruciante umiliazione d'aver contemplato se stesso in atti a dir poco indecorosi
Paolo mostrò subito d'essere il più calmo di tutti. Incredibilmente la sua mente, stimolata da un problema intellettuale, sembrava avergli ridato l'equilibrio.
<< Se non ti conoscessi cosi bene >> disse rivolgendosi a Bianconi << penserei che tu possa aver acquistato doti straordinarie d'ipnotismo.
<< Nulla di tutto ciò >> mormorò un affranto Bianconi
<< Eppure ho l'incredibile impressione di avere assistito al numero di un illusionista.. Conoscete quello della corda? Quello in cui ognuno dei presenti è ben convinto che si tratti soltanto un trucco, ma che poi non può fare a meno di raccontare d'averlo visto con i propri occhi. >>
Bianconi spostò il corpo massiccio.
<< Non so dirvi se possa trattarsi d'ipnotismo, ma nulla mi toglie dalla testa che potrebbe essere stato infuso in quel quadro >> affermò
<< Cosa conosci di questo dipinto >> chiesi
<< Assai poco, tranne che ha causato guai tutte le volte che è stato esposto, e che più d'una persona ha tentato di distruggerlo. E se neppure tu sei in grado di capirlo, vuoi dire che nessun altro può sperare di riuscirci. >>
<< Non diciamo sciocchezze! Immagino che anche qui a Roma sia possibile trovare qualcuno in grado di chiarirci le idee >>
<< Condivido il pensiero di Bianconi >> dichiarò don Giuseppe << Cose del genere sono opera del diavolo >>
<< O di Dio >> ribattè Bianconi, con tono di sfida.
Il prete sollevò il capo.
<< E come può essere l'opera di Dio? >>
<< Se il messaggio di questo quadro stimola i nostri istinti migliori, allora non è opera del diavolo. >>
<< Dove si poggia la mano di Dio non c'è nulla di semplice, e sebbene debba ammettere che l'effetto immediato sia indiscutibilmente positivo, in realtà chi può dire con certezza che ciò che abbiamo appena visto non ci abbia resi talmente ciechi da non notare il malvagio risultato finale. >>
Bianconi si alzò in piedi indicando il quadro.
<< Per favore amico mio, non cominciare a fare catechismo. Vorrei pregarvi di riflettere attentamente su ciò che sto per dire! Ora, per qualche istante, cessate di osservare il quadro e ponete la vostra attenzione a questo quesito; per quale strana ragione, ricordatevi che è successo anche a tutti noi, per quale strana ragione chiunque si trovi di fronte a questo dipinto, si riconosce in coloro che hanno vissuto questo momento terribile della storia dell'umanità, e senza alcuna ragione apparente prova un'imperiosa necessità di distruggere il dipinto. Qualcuno di voi è in grado di darmi una risposta? >>
Immagino che ognuno di noi, in quel preciso momento, avesse pronta una risposta personale, ma attendemmo tutti che fosse lui a rispondere al suo stesso quesito.
Bianconi non sembrava essere più lo stesso uomo di pochi minuti prima. Normalmente era una persona affabile, educata, sicura del proprio gusto, sapeva dir molto con poche parole. In quel momento, invece, aveva il volto imperlato di sudore, era agitato da un'emozione tormentosa, parlava in modo ampolloso.
<< Moltissimi pittori hanno dipinto il Cristo flagellato e Pilato che lo mostra al popolo. Ma non mi sembra di ricordare nessuno che abbia raffigurato questa scena. >>
<< E' vero, >> confermai << alcuni artisti hanno immortalato lo stesso tema, ma neppure io ricordo di aver mai visto questa scena >>
<< E' una scena piena di verità. Provate ad immaginarvi cosa può essere realmente accaduto. I soldati devono aver fatto attraversare a Gesù il cortile dopo che Pilato aveva ordinato loro di crocifiggerlo. La folla incattivita doveva essere ancora li, e una folla inferocita non si disperde facilmente. In questo dipinto c'è una realtà incontestabile, la realtà dei fatti. Non siete d'accordo? >>
<< Certamente, ci sono dei particolari che si possono dedurre dai testi biblici e dai vangeli >> osservò don Giuseppe. << E' una sequenza logica >>

Evidentemente don Giuseppe cercava di porgere un aiuto a Bianconi perché lo vide recitare quella parte inconsueta al suo modo di fare. Tuttavia sembrava guardingo, quasi dissentisse.
Io rimasi in silenzio. Sentivo la tempesta nell'aria.
Avevo l'impressione che Bianconi soffrisse non per quanto aveva manifestato fino allora, ma per ciò che non aveva ancora espresso.
<< Ti ringrazio, mio buon amico >> mormorò Bianconi << ma lascia che completi il mio pensiero...ciò che mi preme maggiormente comprendere è il perché in quel cortile, >> disse con voce malferma << in un'epoca imprecisata, quella gente, noi stessi, urliamo le parole più sciagurate mai uscite da una bocca umana. Gridiamo parole che il genere umano sta pagando da venti secoli, Perché? >>
<< Ma queste parole non le hanno pronunciate soltanto gli Ebrei. >> intervenni io
<< No, certamente...voi non siete Ebrei, eppure siete li dentro assieme a me. Vi siete visti coi vostri occhi! >>
Paolo si alzò e prese a camminare in su e in giu per la stanza.
<< La dottrina cristiana ha sempre sostenuto >> rammentò, << che Cristo è morto per tutti, e che noi tutti siamo coinvolti e responsabili della sua morte. >>
Don Giuseppe si passò una mano sulla nuca.
<< Noi insegniamo >> aggiunse, << che ogni uomo che ha peccato ha preso parte alla crocifissione, che i nostri peccati hanno inchiodato alla croce il nostro Redentore. E' appunto per ricordarlo agli uomini che esponiamo il crocifisso. >>
Bianconi aveva un'aria scettica e scuoteva il capo.
<< E' un fatto di devozione >> replicò, << ma non è la sostanza della fede. Noi Ebrei siamo stati chiamati da voi uccisori di Cristo e confinati nei ghetti. Le funzioni del venerdì santo servono oggi a mantenere vivo quest'odio. >>
<< Nemmeno gli Ebrei sono tanto disposti ad applicare un balsamo risanatore sulle ferite >> osservò don Giuseppe con tono conciliante mentre osservava attentamente il dipinto.

Mi rifiutavo di credere che gli argomenti addotti da Bianconi gli riuscissero nuovi. Chissà quante volte avevano discusso la questione della colpa durante le lunghe serate d'inverno trascorse assieme nel negozio. Eppure, ora don Giuseppe non ricorreva al suo bagaglio di argomenti per controbattere quell'accusa sulla "sostanza della fede".
Bianconi si sedette pesantemente.
<< Ciò che mi disturba di questo quadro è la verità che nasconde >>
Paolo mormorò un affrettato << Me ne vado! >> e usci dalla stanza.
Notai quel particolare, ma senza curiosità, mi ero unito ai miei compagni nel silenzio della contemplazione, dimenticando il mondo.

Ebbi come una violenta vertigine e improvvisamente mi ritrovai seduto su un basso muretto del cortile volto ad oriente, con il sole del mattino dietro le spalle e un po' più in alto della folla in tumulto.
Quello era l'angolo della visuale del quadro e la direzione della luce che lo illuminava.
Era una giornata fredda a Gerusalemme, col vento che soffiava da nord-ovest. Si vedeva l'increspatura prodotta dal vento nelle pozzanghere di pioggia notturna e di nuovo mi tornò alla mente il Tintoretto.
Nessuno come lui sapeva far scorrere l'acqua sulla tela! Pareva inoltre di vedere il vento che giocava con le vesti della gente, non un vento gagliardo, ma impregnato di un'umidità gelida.
Gesù lo avvertiva, ma se ne stava li, ritto in mezzo al cortile. La mia prima impressione su di lui era cambiata. Lo strano effetto che faceva quel suo evitare il contatto della veste era, almeno in parte, provocato dal vento che passava sulle ferite della schiena, doppiamente gelido sulla febbre causata dall'orribile supplizio.
Il Cristo non era una figura fisicamente imponente. Il suo era il corpo di un uomo qualsiasi, vissuto per lo più all'aperto, non fragile, ma neanche allenato a una violenza improvvisa, come poteva essere quella che esprimeva il volto del giovane soldato romano.
Gesù aveva il volto segnato dai rivoli di sangue causati dalle percosse ricevute, e in quel momento, sebbene la sua figura non mostrasse la forma migliore, come spettatore mi sentivo calamitato da lui. Era lui il senso del quadro, la sua ragione d'essere e di morire.
Provai una fortissima emozione, quell'uomo, nella sua minuta fragilità, era invincibile.
Quella folla urlante non era riuscita a spogliarlo della sua nobiltà. Era riuscita a degradare soltanto se stessa, non lui.

Ciò che invece mi restò difficile interpretare, fu l'espressione degli occhi del Cristo. Non vi avevo letto né odio né rancore e né tanto meno sfida. La parola più appropriata che mi venne in mente fu che potesse provare rammarico. Dolore di vedere noi, nati per aspirare ad altezze sublimi, caduti cosi in basso. O forse soltanto compassione...la stessa pietà che un giorno, in un altro luogo, in un altro tempo, ci saremmo trovati, impotenti come lui, a guardare noi stessi costretti a soffrire per quella vista.

Mio malgrado l'emotività stava vincendomi sebbene mi fossi gettato alle spalle ogni emozione. Mi ero sempre definito un agnostico, ma ora quel dipinto stava sfidando ogni mia convinzione, la sfidava senza che io potessi appoggiarmi a idee ben radicate.
Quel quadro non solo mi riportava all'antica tradizione che mi era stata tramandata dai miei genitori, ma mi riportava all'isterismo dell'uomo, alla sofferenza, al clima stesso della Gerusalemme di venti secoli addietro. E ciò era assurdo, inconcepibile, irragionevole!

Scossi la testa e feci appello al mio secondo paio d'occhi, quelli dell'artista, dell'intenditore...e mi vidi sulla tela l'infame che, pronto a scagliare la pietra, dissimulato tra la folla, protetto dall'anonimato, rifiutavo di assumermi le responsabilità del mio gesto.
Quel volto era il mio volto, ed egli mi ricordava ogni atto subdolo, vile e miserabile che avevo compiuto nella mia vita.

Osservai l'uomo dalla triste e sudicia mediocrità che sputava sulla calma dignità dell'altra figura, e il suo volto stupido e depravato mi faceva ribrezzo. Eppure, un sacerdote serio, appassionato e intelligente, vi aveva riconosciuto la propria immagine.
Dunque qual era l'effetto che si era proposto l'artista del dipinto?

Don Giuseppe si scosse.
Più di tutti noi faceva fatica a riprendersi dallo stato in cui la vista della propria effigie nel dipinto l'aveva fatto piombare.
<< Non avresti dovuto farci vedere il quadro >> disse guardando Bianconi
<< La verità non è la nemica della felicità >> asserì lui, ma sul suo volto si dipinse come uno strano riserbo, una rassegnazione che non escludeva il conflitto.
Forse temette che, sia io sia don Giuseppe, potessimo allearci ed essergli nemici naturali, e invece avrebbe dovuto star tranquillo.
Eravamo tutti amici e gli uomini diventano amici in quanto uomini, non in quanto simboli...e sebbene la pubblica umiliazione inflittaci da quel dipinto aveva scoperto i nostri nervi, eravamo ancora e sempre amici.

<< Perché Prudom è andato via arrabbiato? >> domandai per distrarmi dalla vista del quadro
<< Prudom ha guardato il quadro e non ha voluto ascoltarmi >> rispose Bianconi. << L'ha presa come una manifestazione di antisemitismo. Non ha detto se si è riconosciuto nel quadro. Ha sostenuto che quelle facce erano caricature di Ebrei, fatte apposta per appioppare agli Ebrei una responsabilità storicamente falsa. Secondo lui, tali esagerazioni sono un ostacolo alla fratellanza umana. Era terribilmente sconvolto. >>

Trovavo interessante il fatto che Prudom avesse riconosciuto in tutti quei volti i suoi tratti semitici. Per me, invece, erano volti di normali persone. Volti che possono essere osservati ad ogni ora in qualsiasi strada di ogni città, volti bianchi, neri, sorridenti, tristi. Cristiani ed Ebrei.
Prima che esprimessi ad alta voce il mio pensiero, mi venne spontaneo chiedere
<< Bianconi, ci sei anche tu nel quadro? >>
Lui sembrò sbalordito, come se non fosse possibile che qualcuno potesse dubitare di questo fatto.
<< Io sono il soldato romano, quel bestione che spinge indietro la folla. >>
Le sue parole non avrebbero potuto provocare uno stupore più grande. Era la più assurda delle assurdità. Cercai di adattare mentalmente la sua grossa testa, la sua pelle bianca e gli occhi miti a quella figura brutale, ma invano. Ricordavo le sue diete in tutti gli anni della nostra frequentazione, i brevi corsi di ginnastica senza speranza, e guardavo in quel momento la sua carne pesante, malamente distribuita che aveva sistematicamente sconfitto tutti i tentativi fatti per modellarla meglio.
Qual era la magia del quadro che lo faceva identificare ai suoi occhi con il corpo d'acciaio di un soldato?

<< Per la mia povera coscienza è qualcosa che non può essere accettato >> soggiunse Bianconi, mettendosi a sedere. << Se in quel dipinto il mio atteggiamento dimostrasse che il mio intento è quello di difendere un uomo ormai ridotto ad un fantasma, allora, forse, potrei anche concedermi alla brutalità, ma purtroppo non è così >>
<< E allora? >> chiesi imprudentemente
Lui mi guardò perplesso prima di rispondere
<< E allora ho l'obbligo di domandarmi che razza d'uomo può essere colui che si comporta a quel modo? Io non lo sto difendendo, mi sto dando da fare perché possa essere ucciso senza che altri interferiscano, e magari poco prima ho perfino contribuito a flagellarlo. >>
Con quelle parole, Bianconi esprimeva la realtà delle nostre stesse esperienze. Era profondamente convinto di quanto diceva e lo era stato fin dal primo momento in cui aveva guardato il quadro. Era un uomo colto, un amante delle cose belle. La sua natura lo portava a ritrarsi di fronte alla brutalità e all'insensibilità...eppure era stato costretto a identificarsi con ciò che più aborriva.
<< Almeno, >> osservò pensieroso don Giuseppe << tu sei quel soldato che obbedisce in osservanza di un preciso ordine. Tu stai facendo ciò che ritieni tuo dovere e non compi volontariamente quella violenza. >>
<< E' vero, >> mormorò tristemente Bianconi << ma non è una giustificazione che la mia coscienza possa accettare. Per essere un soldato del genere si dev'essere un bruto, e io non lo sono, sono soltanto un'ebreo >>
<< Ma tu in quel dipinto sei un romano >>
<< E allora? Credi che questo possa cambiare qualcosa? La violenza, da qualsiasi parte essa provenga, resta sempre un atto incomprensibile e ingiustificabile >>

Nella stanza l'atmosfera era cambiata.
Ormai, eravamo, più o meno, tutti nella stessa condizione. La cosa strana era che prima che facessi a Bianconi quella domanda, quella stupefacente illusione aveva scaricato su di noi, almeno inconsciamente, il rimorso e la vergogna che provavamo di fronte alla drammatica testimonianza della nostra viltà.
Bianconi si agitò sulla sedia.
<< Immaginate se fin dall'inizio >> riprese con voce roca, << tutti gli uomini si fossero potuti vedere in questo dipinto e riconoscersi in quel momento storico...e poi domandatevi come potrebbe essere il mondo di oggi >>
<< Io so soltanto che non siamo ancora preparati per questo quadro >> mormorai
<< E se in questo dipinto vi fosse nascosta l'essenza del Sacro Graal?
I nostri sguardi s'incrociarono, sentii salire un'enorme rabbia
<< Un'altra teoria? >> mormorai quasi sorridendo << Non credi siano sufficienti quelle formulate fino ad oggi? >>
<< Beh si, in realtà ne abbiamo abusato parecchio, però come spieghi che dopo esserci specchiati nel sangue di Cristo ci sentiamo come ci sentiamo? Io sono ebreo, don Giuseppe e Paolo sono cristiani, tu agnostico, eppure tutti noi abbiamo subito lo stesso trauma >>
<< Uno specchio? >> chiesi a voce alta
<< Non so come sia potuto accadere e né perché, ma posso assicurarti che tutti coloro che prima di noi hanno guardato questo dipinto, hanno subito le stesse impressioni d'incredulità e di rabbia. Tutti noi abbiamo visto, attraverso il sangue del Cristo, qualcosa che non c'è piaciuto. Tranne la sua figura, tutto il contesto dipinto su quel quadro ci ripugna >>
<< E questo cosa significa, un invito a migliorarci? >>
<< Non lo so, ma di una cosa sono sicuro, da oggi non sarò più lo stesso uomo, qualcosa è accaduto. No, sono convinto anch'io, questo dipinto non mi ha migliorato, ha soltanto messo a nudo la mia coscienza, e chissà, forse è un inizio >>

Ci giunse la risposta di don Giuseppe, ma la sua voce parve lontana, quasi fosse un'eco.

<< Senza una base di fede non è possibile capire. E noi, al momento, siamo ancora miscredenti >>



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Legend pubblicato il 22.06.2006 [Testo]


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