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Uno scritto a caso

"Pé fa funzionà  'e còse"
[poesia] poesia in moriconese
Pierluigi Camilli
05.01.2008

Amore cieco

Si conoscevano da quattro anni. Un tempo notevole per due ragazzi che di anni ne avevano ventiquattro. Marco sapeva ogni cosa di lei. Gli ultimi due anni in particolare erano stati molto intensi. Da quando erano passati dall'amicizia all'amore. Guardò Flavia negli occhi. Non finiva mai di stupirsi della sua bellezza. La sua fisionomia decisamente mediorientale lo affascinava. I capelli castani. La carnagione di uno splendido color cioccolato al latte e quegli occhi nocciola dal taglio orientale appena accennato. Così profondi. Ne era decisamente innamorato. La carrozza della metropolitana era un carro bestiame. Erano le otto del mattino e metà della città si stava spostando nella metà opposta per raggiungere il posto di lavoro. L'aveva sempre considerata una delle idiozie della civiltà occidentale. Sorrise al quel pensiero. Da quando stava con Flavia vedeva le cose in modo leggermente diverso. Flavia era nata a Roma. Era romana. Ma la sua famiglia veniva dagli Emirati Arabi. E lei era di fede musulmana. Non perché ci credesse particolarmente. Ma la sua famiglia lo era e di conseguenza lo era anche lei. Ma a parte questo Flavia era una ragazza 'occidentale' come le altre. Romana e romanista oltretutto. Si. Ne era proprio innamorato. Guardò le sue mani che stringevano lo scorrimano della carrozza. Le sfiorò con le labbra. Lei accennò un sorriso come risposta. Ma era chiaro che la tristezza la stava possedendo. Marco era incazzato. Come una bestia era incazzato. Ma cercava di non darlo a vedere. Per farla stare tranquilla. Serena. Ma aveva paura. Molta paura. Da quando, venti giorni prima, Flavia aveva ricevuto un mandato di comparizione davanti al giudice in relazione ad una indagine su alcuni gruppi integralisti islamici che operavano in Italia. Stronzi. Sia gli integralisti sia i giudici. Solo per il fatto che fosse di famiglia islamica, di origine araba, era diventata un' indiziata? Mondo di merda. Era una studentessa. Come mille altre. Studiava, usciva con gli amici, andava al mare, al cinema, faceva l'amore con lui. Insomma; una ragazza normale. Si stava tornando alla persecuzione razziale? A lui sembrava che questa crisi mondiale, dopo i fatti di New York, avesse scatenato, oltre che nella gente, anche nelle istituzioni un isterismo totale. Tutti a caccia degli arabi. Come durante l'inquisizione si andava a caccia delle streghe. Erano quelli i momenti in cui si vergognava della sua etnia. Flavia lo guardò con dolcezza sempre con quel sorriso triste. A volte aveva l'impressione che lei riuscisse a capire quello che lui pensava. L'amava. E sarebbe sempre stato dalla sua parte. Possibile che quelle riunioni settimanali alle quali andava fossero la causa di tutto? Erano solo riunioni di studenti di fede musulmana che si riunivano all'università. Non erano politicizzati. E' vero. Un mese prima era stato arrestato uno di loro. Gli trovarono in casa materiale divulgativo sulla cosiddetta 'guerra santa' e due pistole. Ma questo non c'entrava nulla. Non si poteva fare di tutta un'erba un fascio. Aveva pensato molto a quella situazione negli ultimi venti giorni. Sapeva di essere di parte in quanto innamorato. Quindi aveva cercato di essere più razionale possibile nel valutare la cosa. Sapeva perfettamente che gli integralisti, i terroristi, erano gente preparata. Sapevano vivere nella più assoluta normalità per anni prima di entrare in azione. Ma lui, di Flavia, sapeva tutto. Proprio tutto. O quasi. Ovvio. Ognuno ha comunque cose che appartengono solo a lui. Questo è normale. Ma per il resto non c'erano segreti tra loro. Lui conosceva ogni cosa di lei. Sapeva dove era stata negli ultimi due anni ogni giorno. Certo. A parte quei viaggi che lei faceva tre volte l'anno per andare a Jedda. Già. L'unica cosa per cui avevano litigato seriamente. Andava a trovare il resto dei familiari. Ma non aveva mai voluto portarlo con se. Mai una volta. Disse che sua nonna, suo nonno, erano persone care ma di vecchio stampo. Le avrebbero rotto le scatole da morire se l'avessero vista con un'occidentale. Un'infedele come diceva lei scherzando. Lui questa versione l'aveva accettata. Ma non gli era mai andata giù. Possibile che in sei o sette viaggi che aveva fatto non era mai riuscita a parlare con loro e fargli digerire la cosa? E poi stava via per venti giorni o un mese ogni volta. Ma che cavolo faceva lì tutto quel tempo. Diceva di rompersi le palle ma che i suoi ci tenevano che lei rimanesse un po' con loro. Lui quella cosa non l'aveva mai capita. Ma lei era stata irremovibile. Già. C'erano, nella vita di Flavia, quei tre mesi l'anno di assoluto buio. Per un periodo aveva pensato ad un 'amico' in Arabia. Ma poi aveva concluso che non era nell'indole di Flavia una cosa del genere. Ma sapeva perfettamente che quei tre mesi l'anno, di cui lui non sapeva mai nulla, lo infastidivano. Ora, in quella metropolitana affollata che li portava verso il tribunale di piazzale Clodio, lui iniziava a valutare la cosa sotto una luce diversa? No. Non voleva nemmeno pensarci. Eppure. Lei non gli parlava mai di quei periodi passati lontano da lui. Non c'era nulla da dire secondo lei. Forse era per quei viaggi che la magistratura l'aveva convocata? Possibile. Dal loro punto di vista era una che tre volte l'anno andava negli Emirati e a Roma frequentava un collettivo di studenti islamici dove uno di loro era stato arrestato. Non fa una piega dopotutto. Un tremore lo percorse da capo a piedi. Stava cambiando atteggiamento? Guardò ancora Flavia che era assorta nei suoi pensieri. Era una ragazza molto sicura di se' e che non ammetteva intrusioni nella sua vita da parte di nessuno. Una ragazza con 'le palle'. Forse anche per questo se ne era innamorato. Ma quella sua fermezza, a volte, aveva impedito a lui di entrare totalmente nella vita di Flavia. E di questo lui ne soffriva. E poi. Perché lei era così rigida? Carattere? Forse. Si fece schifo. Stava decisamente avendo dei dubbi. O, quanto meno, capiva i dubbi dei magistrati.

'E' la tua donna......fai l'amore con lei....giochi con lei.....parli con lei......come avrebbe potuto nasconderti una cosa del genere?'. Eppure.....Eppure.

Flavia non aveva mai commentato seriamente gli ultimi avvenimenti adesso che ci pensava. Dai fatti di New York in poi non avevano mai affrontato o approfondito l'argomento. Aveva dato per scontato che la pensassero allo stesso modo lui e Flavia. Ma lei? Sempre così passionale nelle sue manifestazioni non aveva parlato mai di un problema che oltretutto toccava da vicino le sue origini? Qualcosa non quadrava. La guardò ancora. Si rese conto che un dubbio, un piccolo dubbio si stava insinuando nella sua anima. Possibile che non si fosse accorto di nulla? Beh.....se fosse vero, se lei fosse parte di qualche meccanismo, non sarebbe certo una che si fa beccare dal suo ragazzo. Era terrorizzato dai pensieri che stavano emergendo nella sua testa. Una sconosciuta? Non si conosce mai nessuno abbastanza. Iniziò a ripercorrere con la mente, per quanto possibile, gli ultimi anni con Flavia. Cercò di ricordare le sue frasi, i suoi atteggiamenti. Come disse quella volta? 'Se si crede in qualcosa, si ha fede in quella cosa, non ci si ferma di fronte a nulla. Ne' all'amore ne' alla morte.' Quando Flavia disse quella frase, di cui non ricordava il contesto, lui l'ammirò per la sua passionalità. Ma ora? Ora stava assumendo un altro significato? Un messaggio occulto che lei si era lasciata sfuggire? Aveva i brividi. Quando fu che discussero sulla situazione palestinese? Non ricordava. Ma ricordava bene che Flavia disse di capire i fedeli di Hamaas che si facevano saltare in aria con il tritolo intorno alla vita. Disse che capiva la loro rabbia e la loro determinazione. Capiva. Non voleva dire però che approvasse. Giusto? O no? Stava sudando freddo. Inutile mentire a se stesso. Era in preda al panico. In quel momento pensò di avere di fronte una sconosciuta. Possibile che l'amore l'avesse reso così sprovveduto, cieco? Possibile che avessero ragione i magistrati? Si sentì vuoto, in preda al terrore. Guardò ancora la sua donna. Ora tutto era motivo di indagine per lui. Solo allora fece caso che Flavia indossava la giacca a vento. Era primavera inoltrata. Faceva caldo. Già. Aveva detto di sentirsi la febbre. Aveva detto. Ma la giacca a vento addirittura? Il suo cervello ebbe una scossa. Si disattivò per qualche secondo e tornò in linea quando Flavia parlò. "Tu sei sempre con me vero? Sei dalla mia parte." I suoi occhi erano lucidi. Lui non rispose. Ma Flavia continuò. "Volevo dirti....che io ti amo veramente....e qualsiasi cosa possa accadere.....insomma...sappi che ti amo." Sentì il sangue che si cristallizzava nelle vene. "Tu sei una persona speciale.....e se qualche volta sono stata dura con te...ti ho tenuto fuori....perdonami...." Cristo.....era una dichiarazione d'amore o un testamento quello? "Ora vorrei che tu mi baciassi." Il cuore era fermo. Si accostò a lei solo perché Flavia lo cingeva e lo attirava a se'. Le loro labbra si incontrarono. Sentì la lingua di Flavia premere sulle sue labbra e poi invadere la sua bocca. Era un bacio di una dolcezza e passione infinite. Sembrava l'ultimo bacio.

La mano di Flavia strinse la sua e la condusse verso i fianchi di lei. Con dolcezza. Si infilò sotto la giacca a vento. Sempre guidato da lei giunse sulla vita. Fu in quel momento che le sue dita toccarono qualcosa di metallico. Per l'esattezza un anello metallico. Avrebbe voluto urlare. Staccarsi da lei con forza e gridare con tutto il fiato che aveva in corpo di gettarsi tutti a terra. Ma non ci riusciva. Flavia lo stringeva con forza. Pilotò il dito di Marco verso l'anello e lo fece infilare al suo interno. Solo allora spinse la mano di Marco lontano da lei. Marco sentiva la lingua di Flavia che faceva l'amore con la sua. Strinse forte gli occhi e assecondò il movimento della mano che lei gli stava imponendo. Sentì l'anello metallico venire appresso a lui. Opponeva una leggera resistenza che fu subito vinta. Mentre sentiva l'anello liberarsi vide la sua vita passargli davanti agli occhi in un momento.

Uscì dallo stato di trance in cui era caduto quando Flavia si staccò da lui. Si accorse di avere appeso al dito l'anello di ferro dal quale pendeva una catenina alla cui estremità c'era un amuleto.

"L'ho preso l'ultima volta che sono stata dai nonni. Volevo dartelo in un momento speciale e questo mi sembrava quello giusto." Marco non riusciva a parlare.

"Sei una persona speciale per me. L'unica che mi sia vicina in questo momento. Ti amo. Vuoi venire a Jedda con me la prossima volta? Voglio presentarti ai miei nonni."

Delle lacrime scendevano lungo le guance di Marco. Flavia pensò fossero di commozione. Non avrebbe mai saputo, negli anni a venire, che quel giorno, in quella metropolitana affollata, anche lui, per qualche attimo, l'aveva lasciata sola.


Roberto Fischetti pubblicato il 03.08.2006 [Testo]


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